Erano circa le 17 quando, mentre mi trovavo presso il presidio di Cinecittà, in attesa del regista Citto Maselli e del senatore Vincenzo Vita, due importanti sostenitori della tutela e la memoria dello storico stabilimento, ricevo al telefono la notizia dolorosa della scomparsa di Carlo Rambaldi, il principale artista-artigiano-inventore italiano che ha dato lustro al nostro cinema italiano meritando con i suoi capolavori tre Oscar.
Un uomo silenzioso, mite, modesto ma geniale che conobbi a Milano durante una cena dopo la premiazione di un Festival, era il 2003. Cenammo allo stesso tavolo insieme a sua moglie e Gina Basso un’amica scrittrice conosciuta durante la lavorazione di un suo film. Ebbi il piacere di ascoltarlo e di apprezzare il modo tranquillo e misurato di raccontare le sue esperienze. Le sue magnifiche soluzioni e geniali realizzazioni tecniche.
Ascoltai anche il suo dissenso sul digitale usato come la soluzione di qualsiasi problema tecnico. Rambaldi diceva: “Il digitale costa circa otto volte più della meccanica. E.T. è costato un milione di dollari, è stato realizzato in tre mesi. Nel film ci sono circa 120 inquadrature. La realizzazione con il computer comportava la collaborazione almeno di 200 persone per un minimo di cinque mesi di lavoro.
Nel 1971, per l’istruttoria della morte di Giuseppe Pinelli, il magistrato inquirente chiese il suo aiuto per ricostruire le modalità di caduta del corpo. E Rambaldi fornì un manichino ad hoc simil-Pinelli. Fu un successo.
Ottantasei anni, creatore di effetti speciali morto a Lamezia Terme (Catanzaro), dove viveva da tempo, nato il 15 settembre 1925 a Vigarano Mainarda (Ferrara). Rambaldi, nasce come pittore e scultore, era entrato nel mondo del cinema italiano lavorando a film come “Terrore nello spaziò” di Mario Bava e “Profondo rosso” di Dario Argento.
Tra i suoi numerosi film a cui ha collaborato, tre lo portarono all’Oscar, (“King Kong” di John Guillermin, “Alien” di Ridley Scott ed “E.T. l’extra-terrestre” di Steven Spielberg); ci sono anche “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) sempre di Spielberg, e “Dune” (1984) di David Lynch.
Con Carlo Rambaldi non se ne va soltanto un grandissimo del cinema italiano e mondiale ma forse l’ultimo artigiano di un mondo digitalizzato che non lo riconosce più. Diceva: Adesso tutti i ragazzi possono creare i propri effetti speciali con il computer di casa” ma è solo un’illusione se non si parte dalla meccanica”.
E’ certo che, la nuova generazione non potrà mai più ascoltare le sue esperienze e le sue soluzioni che hanno portato a realizzare E.T.
Grazie a Rambaldi per tutto quello che ci ha dato.