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Le mafie crescono dove non c’è governo

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Una delle caratteristiche tipiche delle mafie italiane è la capacità di controllare territori e mercati. Nelle zone controllate da un clan mafioso il cittadino è spesso costretto a chiedere il consenso al capomafia per ottenere lavoro, permessi, recupero crediti o prestiti. Questo è normalmente lo “status quo” con cui il cittadino deve convivere con tale potere criminale. Le infiltrazioni, solitamente, si verificano nei piccoli comuni, con la penetrazione nel settore turistico, nei mercati locali, nel settore fondiario e immobiliare, fino ad arrivare nei consigli comunali, provinciali e regionali. Poi da lì si cresce fino a giungere ad un  livello nazionale ed europeo. Non di rado i politici locali vicini alle cosche fanno un carriera fulminea, diventando sindaci, consiglieri regionali e parlamentari. I clan si infiltrano, spesso con il favore della cittadinanza,  perché sono in grado di offrire tutti quei servizi che lo Stato non riesce a garantire (lavoro, servizi essenziali, casa). Non dimentichiamoci mai che le mafie sono favorite da uno Stato che non si rende conto che il territorio e i mercati economici vanno governati. La presenza dello Stato sul territorio e la concorrenza tra imprese non è un fenomeno naturale, va incoraggiata, difesa e garantita. A tutto ciò si aggiunge la corruzione che esiste indipendentemente dalla mafia ma che comprensibilmente ne favorisce la penetrazione poiché si presta ad essere sfruttata dai clan a loro vantaggio.

Un altro aspetto con cui le mafie si radicano nel territorio è il voto di scambio. Nessuna regione può dirsi immune, non ci si può mascherare dietro la propria appartenenza ad un territorio piuttosto che ad un altro. A questo punto dobbiamo domandarci perché all’Italia occorre presto un Governo operativo e efficiente? Certamente perché occorre agire e presto nel contesto dei rapporti mafia-politica approvando, ad esempio, misure riguardanti gli amministratori locali minacciati. Incidendo con la massima efficacia possibile nel settore dei beni confiscati alle mafie. Attuando un sistema di sanzioni accessorie che possa prevedere l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per chi è complice e colluso con le organizzazioni mafiose. Un ulteriore aspetto da porre al centro del dibattito politico è la massima tutela dei testimoni di giustizia che sono l’ariete per squarciare il silenzio spaventoso che ruota intorno alle mafie. Questi, ovviamente, sono solo alcuni aspetti che ad oggi restano fermi al palo in attesa di un Governo che non arriva. Solo un esecutivo nella pienezza dei suoi poteri potrà rafforzare la prevenzione e il contrasto alle mafie e alla corruzione. Sono sicuro che se si cominciasse a lavorare seriamente su questi aspetti accrescerebbe – e non di poco – la credibilità delle istituzioni verso i cittadini. Questa situazione di stallo, invece, aumenta il potere e presenza dei mafiosi e dei corrotti nella vita politica ed economica del Paese, con danni ingenti per la nostra democrazia e per lo sviluppo economico dei nostri territori. Partendo da questi presupposti è possibile provare a sconfiggere le mafie, ma per farlo bisogna rompere il legame tra offerta e domanda di “servizi” mafiosi.

(Vincenzo Musacchio, direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise)


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