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Attrazione fatale Di Maio-Salvini

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Attrazione fatale sì, attrazione fatale no. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due vincitori a metà delle elezioni politiche del 4 marzo, s’incontrano e si scontrano. Concordano e si dividono.

Si scontrano su quale governo formare. Tutti e due rivendicano per sé la presidenza del Consiglio (ma il segretario del Carroccio non ne fa una questione personale e lascia spazio anche a un altro premier leghista); il capo politico del M5S vuole la Lega nel governo ma non Silvio Berlusconi, al quale (almeno finora) non vuole rinunciare Salvini; entrambi si dichiarano i vincitori delle elezioni ma nessuno ha conquistato né la maggioranza assoluta dei voti né quella dei seggi in Parlamento; i cinquestelle propongono, in alternativa, una intesa per il nuovo esecutivo al Pd mentre i leghisti la bocciano.

Altri contrasti esistono sui programmi. Sono difficilmente compatibili, ad esempio, due cavalli di battaglia delle rispettive campagne elettorali: il drastico taglio delle imposte proposto da Salvini con l’introduzione della flat tax (la tassa unica al 15%) con il varo del reddito di cittadinanza di 780 euro al mese progettato da Di Maio. I costi per le casse dello Stato dei due provvedimenti sarebbero altissimi, insostenibili per i già malandati conti pubblici italiani. C’è anche una divisione territoriale. Il Carroccio ha mietuto voti soprattutto nelle ricche regioni del nord Italia in cui c’è un po’ di ripresa economica, i pentastellati hanno trionfato in particolare in quelle del sud sempre più impoverite e depresse.

Tuttavia le convergenze non mancano e sono tante. Il M5S e la Lega sono due movimenti populisti anti sistema (populista progressista il primo, populista nazionalista il secondo), al primo posto mettono l’occupazione e gli investimenti, entrambi sono ostili all’euro e alle élite (ma Di Maio ha smorzato molto la carica anti moneta unica europea e anti gruppi dirigenti), all’unisono cercano di rassicurare gli Usa sulla fedeltà alle alleanze occidentali messe in forse dalle lodi a Vladimir Putin (sia il capo cinquestelle sia il segretario della Lega hanno chiesto di vedere e si sono incontrati con l’ambasciatore americano a Roma dopo le elezioni). Molti punti dei loro programmi elettorali sono identici: in testa la richiesta di abolire la legge Fornero sull’aumento dell’età pensionabile (anche qui il costo è molto salato) e la necessità di controllare l’immigrazione illegale (il Carroccio ha una posizione più dura perché vuole rapide espulsioni).

Attrazione fatale sì, attrazione fatale no. Sulla bilancia sembra prevalere il sì. In Parlamento è scattata una ferrea e vincente intesa tra Di Maio e Salvini sulla spartizione degli incarichi di vertice alla Camera e al Senato. Il capo politico pentastellato ha commentato: «Con la Lega c’è una sinergia istituzionale». L’attrazione fatale è ben simboleggiata dall’appassionato bacio sulla bocca tra il capo dei cinquestelle e il segretario leghista, dipinto a fine marzo in un murale in via del Collegio Capranica a Roma, una strada nei pressi di Montecitorio.

Le distanze però restano. Di Maio ha sollecitato la Lega a tagliare i ponti con Forza Italia: deve decidere «se contribuire al cambiamento o se invece rimanere ancorata al passato e a Silvio Berlusconi». Tuttavia Salvini ha confermato la sua posizione: «L’unico governo possibile è quello del centrodestra unito insieme al Movimento cinquestelle».

I contrasti emersi davanti a Sergio Mattarella sono molti nelle consultazioni sul governo al Quirinale. Il presidente della Repubblica sta riflettendo sullo stallo e su a chi affidare nei prossimi giorni l’incarico e per quale esecutivo. I bombardamenti di Usa, Gran Bretagna e Francia in Siria danno una accelerata ai tempi. Girano diverse ipotesi. Si profila un pre incarico a Salvini o a Di Maio (obiettivo un esecutivo Lega-M5S con l’appoggio esterno di Berlusconi) oppure “un governo istituzionale” guidato dal presidente della Camera Roberto Fico (cinquestelle) o del Senato Maria Elisabetta Casellati (Forza Italia).

“Attrazione fatale”: nel film del lontano 1987 Michael Douglas cedeva alle lusinghe sessuali dell’avvenente Glenn Close, ma la storia con l’aggressiva amante si trasformò in un inferno per lui e la sua famiglia.


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