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Emilia Romagna, dossier mafie. Un anno dopo

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Un anno dopo.  Sono passati dodici mesi da quando, in compagnia di Gaetano Saffioti e grazie a Stefania Pellegrini, consegnammo all’opinione pubblica il primo dossier sulle mafie in Emilia Romagna. 
Una frustata lo considerò qualcuno, un importante strumento contro le mafie la voce di molti.
In realtà era solo lo splendido lavoro di un gruppo di ragazzi legati dalla volontà comune di rendere questo territorio “nemico” per la criminalità organizzata.
Un lavoro che nell’arco di dodici mesi ha girato per tutta la regione, dai luoghi istituzionali agli oratori di periferia, creando rete e consapevolezza e la bozza di un’alternativa di società.
Sarà Spartà, studente e redattrice di entrambi i laboratori, nell’introduzione disegna, in venti righe, il senso di questo corso.
Rumori, treni, anticamere, polvere, intuizioni, segretarie “sui generis”, solitudine, dinieghi questo è il giornalismo di base.
Un contatto simbiotico con il luogo che ti circonda, le antenne tese a captare il mutamento, una necessità di risposte continua, la ricerca della verità, un tentativo di unire in una sola rete le mille solitudini di chi in silenzio, ogni giorno, si oppone alle mafie, questa  è l’antimafia sociale.
Il lavoro di quest’anno cerca di legare questi due aspetti ed è il naturale completamento del report del 2011.
Una ricerca a 360 gradi, tra mafie italiane e straniere, inseguendo traffici di droga, armi, la tratta selvaggia di uomini e donne e paradisi fiscali sull’uscio di casa. E la ricerca anche di quei fenomeni, non direttamente connessi alle mafie, che sono però “humus” vitale per l’arrivo della criminalità organizzata nel territorio,  come l’oscenità dei “massimi ribassi” negli appalti pubblici e privati.
Un faro acceso su argomenti che spesso vengono definiti “minori” ma che sono i nervi e l’ossatura della ricchezza delle mafie in questa regione.
Un lavoro definitivo? Assolutamente no. Perché le mafie mutano, si adattano e si riciclano e così il compito di chi fa antimafia sociale è continuare ad inseguirle, denunciare, stimolare le istituzioni.
E’ una partita lunga, di cui forse non vedremo la fine ma che rende una vita degna di essere vissuta.

Il dossier 2012


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