di Debora Billi
Giuliano è un signore anziano, magrissimo in maglietta e calzoncini. Mi accoglie con un po’ di diffidenza: non ama gli estranei nella sua proprietà, vuole essere sicuro di parlare davvero con una giornalista.
La sua proprietà sono svariati ettari di magnifico parco e la tenuta circostante. Al centro, i 7000 metri quadri del suo “castello”, il Palazzo Pio, che risale al 1450. Era dei principi di Carpi, e appartiene alla famiglia di Giuliano Gasparini Casari, il signore magro, da oltre 150 anni.
Oggi è tutto inagibile. Nel palazzo entrano solo i Vigili del Fuoco -”buongiorno, Giuliano” lo salutano, mentre vanno e vengono-, è impossibile da visitare e impossibile da vivere. Si vedono solo le macerie venute giù, delle sue quattro torri ormai crollate e delle tegole del tetto. “Non avvicinatevi”, raccomandano i Vigili.
Noi siamo seduti in quello che sembra un piccolo campeggio: tende, roulotte, un tavolo con le sedie. Uno dei tanti campi spontanei di queste parti, forse il più fresco e ombreggiato. C’è anche una rete da pallavolo, ma non la usa nessuno: sono quasi tutti anziani, qui.
“Eravamo soli, c’era tanto spazio, così abbiamo ospitato anche le famiglie dei vicini. Ci si fa compagnia, ciascuno ha la propria tenda, mangiamo insieme.” Racconta Giuliano. “Ci aiutano volontari da mezza Italia, sono privati, portano cibo, acqua, generi di prima necessità. Tiriamo avanti così, finché dura la bella stagione.”
“E poi che succederà?” Chiedo.
“Non ho idea” mi risponde “la mia casa è quella, e non è più agibile. Non ne ho un’altra. Per riparare il palazzo ci vogliono quattro milioni di euro, ad occhio e croce.”
Il palazzo è stupendo. Ancora più bella è la cappella dell’Immacolata, dall’altra parte della strada: risale al 1605, chiunque passi di qui si ferma a fotografarla. E’ ancora in piedi, ma sembra come schiacciata su se stessa, sgonfia. I danni sono enormi, ma ancora nessuno si è avvicinato neppure per metterla in sicurezza. La cappella e palazzo Pio sono edifici storici tra i più importanti di quelli danneggiati dal terremoto di maggio.
Quattro milioni di euro per restituire ad un anziano la sua casa, e a noi italiani uno dei nostri splendidi tesori artistici: dubito che qualcuno se ne stia preoccupando. Dubita anche Giuliano, quando parla di queste cifre: è obbligato a sperare, ma sa che non gliene importa nulla a nessuno.
“La Protezione Civile si è vista dopo due settimane dal sisma. Si sono fermati per fotografare la cappella, stavano per andarsene, abbiamo dovuto chiamarli noi. Gli abbiamo chiesto aiuto, ci hanno risposto che non possono fare niente se non andiamo nei loro campi. Ma io non voglio e non posso muovermi di qui.”
Mi racconta anche del sisma, e di quella che chiama “l’acqua grigia”. Mi mostra una fontanella di acqua potabile nel giardino, dice che dal giorno del sisma ha cominciato ad uscire un’acqua grigia, torbida, come se il sottosuolo vomitasse fango. La raccoglie in un secchio, ed il colore è effettivamente sconcertante: argilla grigia.
Mentre torniamo verso il piccolo campo, altri anziani salutano Giuliano. “Sono i nostri vicini, quelli che ora vivono qui. Per anni non ci siamo parlati, a malapena salutati. Ora ci vogliamo tutti bene: è l’unica cosa positiva di questo terremoto.”
tratto da http://www.informarexresistere.fr
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