Qualche riflessione sulla campagna elettorale alla sua conclusione: come osservato da molti, è stata piena di promesse demagogiche e di accuse reciproche tra i leader, sicuramente privi di visioni strategiche e valoriali oscurate dalle polemiche e dalle discussioni inconcludenti su ipotizzati inciuci, puntualmente negati dai leader sospettati.
Vorremo solo far osservare, e siamo tra i pochi a farlo, che il tema prioritario per la democrazia, quello su mafia e corruzione, è stato ignorato non solo nel dibattito elettorale, ma anche nei programmi dei cosiddetti partiti di centrosinistra e centrodestra. Tuttalpiù qualche volta è stato incluso nella discussione sulla sicurezza minacciata, però, più dai migranti che dai criminali del sistema politico-mafioso corruttivo i quali, a dispetto dei partiti, si sono fatti vivi attraverso le cronache giudiziarie.
Eppure la relazione conclusiva della Commissione Antimafia nazionale, presentata qualche settimana fa, contiene una dettagliata analisi del rapporto mafia-politica del nostro paese e delle proiezioni internazionali del sistema economico-mafioso.
Così come la riedizione, nel suo 35° anniversario, della Marcia popolare antimafia Bagheria-Casteldaccia, nel suo piccolo ambito, ha voluto sollevarlo evidenziando il fragoroso silenzio della campagna elettorale. La marcia del 26 febbraio u.s. come quella di trentacinque anni fa, è stata promossa da uno schieramento politico culturale ampio e trasversale, formato da laici e religiosi, dal mondo della scuola, del lavoro, dei settori produttivi, associativi e di tante amministrazioni comunali preoccupati dalla crisi della nostra democrazia. I comuni, vessati dalle difficoltà di bilancio, dalla povertà crescente, avvertono sempre più il peso del disagio sociale delle loro comunità, della corruzione dilagante e del sistema politico-mafioso. Però, sindaci e comunità sono assaliti, soltanto in campagna elettorale, dai vari comitati elettorali di politici, formalmente espressioni di partiti i quali non dispongono più di alcun radicamento sociale collettivo, ma solo clientelare e individuale. Il “bene comune” è diventata un’espressione formale per coprire interessi privati di ristretti gruppi elettorali alla ricerca del “potere” che loro non eserciteranno mai essendo governato concretamente dai veri “poteri forti” della società.
Commenteremo subito dopo i risultati del voto, ma si sappia che se è vero che la democrazia e lo sviluppo del Mezzogiorno (altro tema dimenticato) e del Paese sono condizionati dal sistema politico-mafioso, chiunque vinca deve misurarsi con esso o per ricercare accordi peggiorando la qualità della vita civile, economica, istituzionale del Paese o combattendolo per cancellarlo definitivamente onde garantire a tutti e sopratutto ai giovani come quelli della Marcia Antimafia un futuro pieno di lavoro qualificato e dignitoso, di conoscenza, di democrazie senza mafia, povertà e disuguaglianza.