“Sono già stato alla sbarra quando il sistema giudiziario era controllato dai militari ma non ho mai assistito ad un tale imbarbarimento dello stato di diritto”: l’autodifesa pronunciata davanti ai giudici che l’hanno condannato, da Amhet Altan ha avuto gli accenti e la forza di un j’accuse. Lui che è stato direttore di un quotidiano, Taraf – poi chiuso d’autorità – aveva trovato nella scrittura, nei libri, la sua vena più autentica. E proprio in un saggio –scritto in cella – aveva descritto pochi mesi fa la sua battaglia per tenersi dentro la libertà che gli era stata tolta: non hanno il potere di imprigionare la mia mente scriveva. E all’ombra, e al fianco di Ahmet Altan , il fratello Mehmet ha trovato la sua strada nel mondo accademico. Economista, ha sognato per la Turchia l’avvento di una seconda repubblica, un modello di democrazia compiuta strettamente ancorata all’Europa . E le apparizioni come commentatrice in tv, hanno fatto di NazriI ilgiak una delle figure più note e familiari per il pubblico turco. Ma per il giornale, filogovernativo, Sabah, teneva una rubrica in cui raccoglieva storie di persone qualunque, sogni di adolescenti, amori infranti. Storie che ora si fondono con la sua, finita nel carcere di Sivrili. Insieme a quelle di Amhet, Mehmet, e degli altri tre giornalisti condannati all’ergastolo. Avranno a disposizione solo un’ora d’aria al giorno per spezzare il tempo dell’isolamento che invaderà le loro vite.
Resteranno rinchiusi nella stessa prigione, dove tra recinzioni e filo spinato, ha invece riacquistato la libertà e ha potuto abbracciare la moglie Deniz Yugel. Il giornalista turco tedesco, che Erdogan aveva definito una spia. “La scarcerazione di Yugel – dice Figen Calikusi, avvocata nel collegio di difesa dei fratelli Altan, è stato un sacrificio offerto alla politica. Ma il punto non è dividersi sulla scelta dei singoli. La società turca deve comprendere che quello che è successo riguarda tutti e su tutti ricadrà”.