In Sicilia (e non solo) si espande la piaga del caporalato che costringe centinaia di migranti, richiedenti asilo e braccianti locali a lavorare in condizioni disumane ed in nero. E se fossimo noi a permetterlo? Comunicato congiunto Rete Antirazzista Catanese e Campagna LasciateCIEntrare
Siamo nel pieno della stagione di raccolta delle arance e da Paternò fino al calatino si espande la piaga del caporalato, che costringe centinaia di migranti e braccianti locali a lavorare in condizioni disumane ed in nero. Lavorano nei campi della Sicilia orientale, in maggioranza migranti marocchini adulti, buona parte con regolare permesso di soggiorno o in attesa di rinnovo. Nelle giornate lavorative (finora poche a causa della pioggia) i migranti percepiscono 25/ 30 euro al giorno, raccogliendo 40/ 50 cassette (60/65 cc per ogni cassetta) di kg. 20 in oltre 9 ore di lavoro, ma devono pagare 3/ 5 euro al caporale per il trasporto nell’agrumeto.
Mentre consideriamo positive le reazioni dei cittadini solidali e delle associazioni come ANPAS e Caritas di Paternò, che stanno offrendo quotidianamente cibi caldi e vestiario, purtroppo c’è chi attizza ostilità nei confronti dei migranti, perchè “farebbero concorrenza sleale” ai lavoratori locali: quindi il problema non è debellare il lavoro in nero , ma evitare di parlarne condannando all’invisibilità i migranti. Da anni denunciamo che uno stato debole con i forti e forte con i deboli non è uno stato di diritto. Nessuno nel Comune di Paternò è a conoscenza che durante la raccolta delle arance (da almeno 10 anni) arrivano nella zona centinaia di lavoratori migranti stagionali? É così difficile costruire una mappatura dei mezzi di trasporto dei caporali e dei proprietari degli agrumeti? Che ci stanno a fare le organizzazioni sindacali locali, se non riescono a costruire solidarietà fra lavoratori locali e migranti? Troppo spesso le istituzioni sono indifferenti e/o colluse con l’evasione contributiva di tanti padroni senza scrupoli, che condannano tanti migranti, in maggioranza in regola con il permesso di soggiorno, alla clandestinità ed all’espulsione (grazie alla vergognosa legge Bossi-Fini). Invece di fare emergere il lavoro nero e di regolarizzarlo, rispettando il salario e l’orario contrattuali, si spingono centinaia di migranti nella rete di sfruttamento dei caporali, che a volte tentano perfino di evitare di corrispondere la misera retribuzione.
Il principio di “Uguale salario per uguale lavoro” o diventa la bussola dell’associazionismo antirazzista o la differenziazione etnica dei salari può innescare fratricide guerre fra poveri (in presenza di questa disastrosa crisi economica), contrapponendo lavoratori italiani e migranti e migranti di diversa nazionalità e condizione.
Da mesi sta emergendo la drammatica condizione delle migliaia di richiedenti asilo, segregati nel mega-Cara di Mineo: vivendo in condizioni d’indigenza, dato che il pocket money giornaliero viene da anni corrisposto in sigarette, molti sono spinti a vendere la loro forza-lavoro “usa e getta” per 15 ed a volte 10 euro al giorno lavorando negli agrumeti del calatino. Se ci si ostina a non voler distinguere le vittime dai carnefici, i diritti dei migranti e di tutti i lavoratori verranno sempre più calpestati. Al peggio non c’è mai fine se lo permettiamo noi. Invitiamo la cittadinanza di Paternò ad esprimere la loro concreta solidarietà ai migranti e a tutti i lavoratori.
Rete Antirazzista Catanese, Campagna LasciateCIEntrare