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Su xenofobia e antirazzismo non può esserci parità di trattamento. Vale anche per l’informazione

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“La percezione dell’insicurezza dipende anche dal modo in cui le classi dirigenti trattano questa percezione, come la fronteggiano, come se ne fanno carico. Io vorrei che sull’immigrazione si facesse come sui vaccini. Quando la “percezione” dell’opinione pubblica è diventata irrazionale, la reazione è stata spiegare, in maniera martellante, gli errori che c’erano dietro questa percezione. Se si lascia l’opinione pubblica in preda al delirio tutto viene travolto. Perché non si fa lo stesso sull’immigrazione? Nel 2016 in Italia c’è stato il massimo degli sbarchi e il minimo degli omicidi dal 1992, femminicidi compresi”.

Sono parole di Emma Bonino, da Repubblica di oggi. Da sottoscrivere integralmente: perché la percezione sganciata dai dati di realtà può generare disastri, se applicata ad una materia socialmente esplosiva come questa. Con una integrazione: la chiamata alla responsabilità delle classi dirigenti non può non coinvolgere anche il nostro giornalismo, che troppo spesso alimenta questa percezione distorta per inseguire lo share o in nome di una malintesa par condicio. Ma non può esserci parità di trattamento tra xenofobia e antirazzismo, perché solo uno dei due rientra nel perimetro dei valori definito dalla nostra Costituzione.

Contro il ‘percepito’, facilmente manipolabile, vale il richiamo fondamentale della legge professionale dei giornalisti al “rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Anche i numeri sono fatti, che non devono pagare pegno solo perché si prestano meno di un urlo a suscitare emozioni, dunque ascolti. A marzo dell’anno scorso una copertina di Internazionale denunciava la “fine dei fatti”, tema di un bell’approfondimento di William Davies sul Guardian, per metterci in guardia: “senza una descrizione condivisa della realtà non può esserci un vero confronto democratico”. E nello stesso periodo Radio3 ha dedicato ai numeri una settimana intera di programmazione, proprio “per restituire un po’ di verità e di complessità – diceva Marino Sinibaldi presentando l’iniziativa – a fatti e problemi spesso liquidati con argomentazioni semplicistiche, superficiali, che sostanzialmente corrispondono a pregiudizi individuali e collettivi”.

Le cifre come vaccino contro la propaganda, dunque. “Impara a dare i numeri”, come ricorda la bozza del manifesto di Assisi sulla quale Articolo 21 è impegnato a lavorare nei prossimi mesi.


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