Mi piacerebbe poi sapere quanti avvocati sono entrati in una redazione di un giornale, soprattutto di una testata locale: hanno idea di quali siano i ritmi di lavoro? Sanno cosa vuol dire essere cronista precario o freelance, con l’incombente rischio di querele, spesso temerarie? Hanno riflettuto le Camere penali su quali ripercussioni possa avere il loro Osservatorio sulla libertà di informazione che spesso viene garantita proprio da precari e freelance? Credo che ci abbiano pensato e questo, sinceramente, mi oscura un po’ l’allegria per questa nuova iniziativa. Perché lavorare col fiato sul collo non è piacevole e gli avvocati dovrebbero sapere cosa vuol dire, soprattutto quando si trovano a difendere imputati di un certo livello, quando vengono esortati dagli assistiti, che magari seguono il processo in videoconferenza, a intervenire in aula. Non mi sto ovviamente riferendo al processo Aemilia, così come le Camere penali di Modena e Reggio sicuramente non hanno istituito l’Osservatorio sull’informazione giudiziaria per quanto viene scritto su Aemilia: sono certa che a loro stia a cuore allo stesso modo la tutela, nei confronti dell’opinione pubblica, dell’immagine sia dell’accusato di mafia, sia del piccolo pusher straniero che difendono d’ufficio. E infatti mi chiedo perché questo monitoraggio non sia stato istituito prima: la stampa ha davvero un gran potere e a volte lo usa con troppa esuberanza e disinvoltura.
Le Camere penali hanno tenuto a precisare che l’Osservatorio è stato pensato “non già per intimidire chicchessia” – anche se come abbiamo visto le forme di intimidazione possono assumere numerose sfumature – ” ma per monitorare i meccanismi della comunicazione anche su base locale e per misurarli alla luce dei principi costituzionali”. Che bello, la Costituzione. C’è un articolo che mi piace particolarmente: il 21. ” Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censura”.
Su questo punto mi sembra che fra giornalisti e avvocati ci sia accordo. Le Camere penali non vogliono censurare nessuno: hanno chiesto di celebrare a porte chiuse un pubblico dibattimento, ma non è mica censura. Per quanto riguarda l’Osservatorio si parla di “un’attività di ‘monitoraggio’ dell’informazione giudiziaria”, di “un lavoro di ‘schedatura’ sui principali mezzi di stampa” che ricordano un pochino tempi passati, prima che la Costituzione entrasse in vigore, ma le mie devono essere fastidiose reminiscenze scolastiche.
Ho trovato esilarante poi il passaggio delle Camere penali sul “circo mediatico” che definisce “gli aberranti meccanismi innescati dalla continuità tra magistrati e informazione”. Credo che gli avvocati si siano persi qualche puntata di Porta a Porta in cui erano ospiti loro insigni colleghi.
E ancora: “L’informazione spesso diventa strumento dell’accusa per ottenere consensi e così inevitabilmente condizionare l’opinione pubblica e di conseguenza il giudicante”. Questa frase me la sono riletta molte volte per capirla fino in fondo. Perché questa attenzione per l’opinione pubblica mi suona familiare, mi sembra di averla letta negli atti di un processo in corso, ma non ricordo bene quale. Invece è molto grave che le Camere penali non abbiano alcuna stima per “il giudicante”: se ritengono che possa essere condizionato dagli articoli dei giornali, mi sembra veramente che non si siano resi conto della professionalità e della preparazione di certi giudici.
Ma come dicevo, io sono favorevole all’Osservatorio sull’informazione giudiziaria, così favorevole che ne vorrei di più: perché avere solo quello degli avvocati? Potrebbero esserci quello istituito dai ragazzi delle scuole che ogni tanto seguono qualche dibattimento, quello delle associazioni, quello costituito dalle forze dell’ordine, quello dei magistrati e, perché no, magari uno fatto direttamente dagli imputati. Così invece che urlare ai giornalisti “in galera” da dietro le sbarre, potrebbero preparare, in modo più elegante, una loro bella relazione sull’operato dell’informazione.