Atterrati a Fiumicino 31 profughi dai campi del Libano. Famiglie musulmane, cristiane, druse con malati e bambini piccoli. Il modello di Sant’Egidio, Fcei e Valdesi fa scuola in diversi paesi europei.
Ieri a Parigi, oggi a Roma, la prossima settimana a Bruxelles. E prossimamente anche ad Andorra nei Pirenei. Il modello di accoglienza dei corridoi umanitari inventato e gestito ecumenicamente da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese (ripreso ed esteso con altre iniziative dalla Conferenza Episcopale Italiana) sta diffondendosi in Europa, dimostrando che è possibile, per chi viaggia e per chi accoglie, un’alternativa sicura ai viaggi della disperazione.
Stamattina all’aeroporto di Fiumicino sono atterrati con un volo Alitalia da Beirut 31 profughi siriani, selezionati tra i casi più vulnerabili dai volontari dell’operazione Colomba dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.
Arrivano dai campi profughi libanesi dove sono fuggiti da Homs, Damasco, Aleppo. Hanno lasciato baracche di fortuna in cui hhanno vissuto molti mesi, spesso diversi anni . Un gruppo che si va ad aggiungere ai mille arrivati in due anni, dal 4 febbraio 2016, e inaugura l’accordo rinnovato dai promotori con i ministeri dell’Interno e degli Esteri per far arrivare altrettante persone. A farsi carico, anche economicamente, dell‘accoglienza e dell’integrazione saranno anche stavolta parrocchie, famiglie, associazioni. Questi 31 sono stati smistati tra Roma, Trento, la provincia di Arezzo, l’Umbria e le Marche.
Accolti anche da Francia, Belgio e Andorra
Ieri ne erano arrivati 40 all’aeroporto Charles De Gaulle, grazie ad un accordo con Parigi sempre di Sant’Egidio e delle chiese evangeliche francesi. In Francia è il terzo gruppo. In Belgio ne è atteso un secondo, dopo il primo arrivo del 23 dicembre. E anche Andorra, il minuscolo stato tra Francia e Spagna, sta per concludere un progetto analogo che ne porterà una trentina.
Giro: «I corridoi sono un modello che funziona bene»
A dare il benvenuto ai 31, di cui 16 minorenni, sono il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, il presidente della Fcei, pastore Luca Maria Negro, il viceministro degli Esteri Mario Giro, il sottosegretario Vincenzo Amendola. Il gruppo dei bambini entra sventolando bandierine, al grido «Viva l’Italia».
«I corridoi umanitari sono un modello che funziona bene, nato da un’idea e dalla volontà di rispondere, in maniera ragionevole ed efficace, al dramma della guerra», dice all’aeroporto di Fiumicino, il viceministro MarioGiro. «I corridoi – aggiunge – sono un brand ricopiato da altri. E anche il nostro Governo lo ha adottato per la Libia. È una risposta che ci dimostra che, tra esseri umani, non c’è differenza. Molti, per fuggire dalla sofferenza e dalla guerra, sono morti in mare o nel deserto: chi oggi è qui lo è anche nel nome di chi non c’è più». Giro poi sottolinea che «chi è arrivato oggi raggiungerà già le loro famiglie che sono integrate: se accompagnata e spiegata, l’integrazione funziona molto bene e gli italiani reagiscono positivamente, nella piena sicurezza di chi accoglie e di chi arriva».
«Questa è la bella politica che si occupa dei problemi e del bene comune delle persone – dice Marco Impagliazzo– in questo caso, della protezione umanitaria e di persone che fuggono dal freddo delle baracche e dalla guerra che, dobbiamo ricordare, in Siria ancora c’è, non è finita anche se ne parla molto di meno». Parlando dei precedenti arrivi, Impagliazzo sottolinea come «l’integrazione nella società italiana, distribuita su tutto il territorio tra famiglie, parrocchie, associazioni, è stata piena e funziona bene: i bambini sono iscritti a scuola, hanno imparato l’italiano e sono i primi mediatori. Queste persone ci fanno sentire migliori, fotografia di un’Italia bella che non chiude le porte e dà una risposta concreta. È un messaggio che diamo anche all’Europa, affinché si apra alle vie legali».
Un bambino subito ricoverato, una bimba operata
Tra i 31 c’è una famiglia con 5 figli, uno dei quali in barella perché affetto da una malattia rara. È stato portato subito all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Una volta stabilizzato, andrà con fratelli e genitori a Trento, accolto dal Centro Astalli. Il capoluogo trentino ospita già molti siriani arrivati all’inizio del progetto, grazie alla collaborazione tra la Diocesi e la Provincia autonoma. Un’altra bambina, arrivata con la mamma e un fratello, dovrà essere presto operata al cuore per una malformazione genetica.
«Vorrei incontrare chi mi ha salvato in mare»
Poi c’è Wesam Jahjah, druso, 35 anni, a Fiumicino per accogliere il fratello Nawras, la sorella Kefah e la mamma Salwa. Wesam è stato salvato dalla Guardia Costiera due anni fa: «L’ultimo timbro sul mio passaporto è del Sudan, poi sono passato in Egitto, quindi in Libia e poi dieci giorni in mare», racconta sorridendo l’ex profugo, in un ottimo italiano. Ora lavora come programmatore informatico per la gestione dall’Italia di grandi marchi italiani nei duty free shop. Vive a Montevarchi, in una casa famiglia della Caritas di Fiesole. Ora che è riuscito a ricongiungersi con la sua famiglia, deve realizzare un altro sogno: «Voglio incontrare gli uomini della Guardia Costiera che mi hanno salvato. Mi ricordo tutto di quei momenti: era il 10 settembre 2014 e la nave era il pattugliatore Fiorillo 904». Non tutti qui però sono così accoglienti: «L’Italia vera non è fatta da quei partiti – dice – ma dai militari di Mare Nostrum, operazione santa come i corridoi umanitari, dalla gente che ci aiuta, dal parroco don Mauro Frasi che sta insegnando a me, druso, l’alfabeto della vita e dell’amore».
Luca Liverani – Avvenire