«La plaga», la piaga: così papa Francesco parla del femminicidio in occasione della sua visita a Trujillo. Un malore sociale da estirpare, dunque. Ciò che sorprende non è tanto che la massima autorità ecclesiastica inviti a lottare contro la violenza, ma che prenda atto della non neutralità di questa specifica forma di violenza, che non ha nulla della tragica casualità.
Non è passato molto tempo dalla campagna #metoo che ha imperversato sui social e dalla tempesta di rivelazioni riguardo alle violenze subite dalle donne che lavorano nel mondo dello spettacolo, un mondo la cui lontananza rispetto al nostro si va decostruendo. Sorprende, dunque, che Catherine Deneuve difenda la «libertà di importunarci» degli uomini come loro diritto naturalizzato e che Francesco parli senza mezzi termini di femminicidio.
Le parole del papa sono volte a colpire il muro di silenzio che sempre promette di erigersi intorno alla violenza di genere. Torna, difatti, più volte sull’importanza di uscire dal silenzio e sul valore della testimonianza.
Nel contesto della recente temperie mediatica sul tema della violenza di genere, c’è da chiedersi quanto sia spontanea questa (tardiva) presa di coscienza da parte della Chiesa cattolica. Ma personalmente non credo che indagarne i motivi sia il vero punto della questione; penso, invece, alla potenza di una parola. Per altro discussa, ridicolizzata e strumentalizzata da un tipo di retorica che ancora dipinge “mostri” e al contempo guarda di sottecchi donne che non salva mai completamente dal sospetto. Penso alle donne, cristiane e non, vittime di violenza che finalmente vedono riconosciuta la loro sofferenza e soprattutto l’importanza politica della loro testimonianza.
La Chiesa cattolica, almeno nelle sue posizioni ufficiali, è stata storicamente sorda nei confronti delle istanze femminili. E quando ha parlato alle donne è stato per proporre modelli d’identificazione che veicolassero la medesima minorità su cui si fonda la sua gerarchia; in breve, quando la Chiesa cattolica non ci ha ignorate, forse ha finito per fare di noi le nostre stesse carceriere. Ma per noi non è possibile ignorare lei… Continua su chelibertà