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Africa, diaspore e privati protagonisti della Conferenza sulla cooperazione

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La cooperazione allo sviluppo torna al centro della politica italiana, con più risorse, nuovi attori e un impegno reso più forte dal senso di necessità: lo conferma la conferenza nazionale al via oggi a Roma, ‘Coopera’, affollata di responsabili delle Ong, di esperti e di rappresentanti del Governo

ROMA – La cooperazione allo sviluppo torna al centro della politica italiana, con più risorse, nuovi attori e un impegno reso più forte dal senso di necessità: lo conferma la conferenza nazionale al via oggi a Roma, “Coopera”, affollata di responsabili di ong e specialisti ma anche di rappresentanti di peso dell’Ue e del governo.

A dare il senso della giornata è stato subito in mattinata Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico. I temi della cooperazione, delle migrazioni e delle intese con l’Africa, dice, “sono una sfida per noi prioritaria”, che “si deve fare insieme all’Europa” e che è “molto di più di tutte le fesserie che sentiamo in questi giorni in campagna elettorale che poco hanno a che fare con l’interesse del Paese”.

A intervenire prima di Calenda è stato il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. Subito, un riferimento all’incursione armata nell’ufficio di Save the Children nella città afgana di Jalalabad: “Ci rimpie di tristezza e ci ricorda di quanto chi fa del bene, chi è in trincea, abbia bisogno di sicurezza”. Poi uno sguardo d’insieme, a evidenziare un impegno che si vuole a 360° in cinque continenti. “Non solo chi vince il concorso in Farnesina è ambasciatore d’Italia, ma anche chi si impegna come cooperante, con un infinito desiderio di bene nella frontiera africana”, dice Alfano. Convinto, di ritorno da una missione a sud del Sahara, tra Guinea, Niger e Senegal, di un’attenzione e di un impegno crescente. “Gli ultimi quattro anni hanno visto un grande slancio della cooperazione – sottolinea -: L’Italia, fanalino di coda tra i Paesi più avanzati per percentuale di reddito destinato allo sviluppo, è tornata ad assumere un ruolo di primo piano, diventando il quarto donatore del G7, raggiungendo lo 0,27%, circa 4,5 miliardi all’anno, e raddoppiando le risorse rispetto al 2014”.

Ci sono stati, poi, i passaggi sull’Europa e la capacità dell’Italia di acquisire un ruolo chiave nella cosiddetta “cooperazione delegata”, quella affidata dalla Commissione ai singoli governi.
Di Europa ha parlato il commissario Ue per la Cooperazione allo sviluppo, Neven Mimica: “Serve una leadership europea sulla cooperazione, che è la via più sicura per la pace e la stabilità, anzitutto in Africa, un continente decisivo per l’Unione e l’Italia stessa”.
E l’unità è stata al centro dell’intervento di Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente, che ha citato l’Accordo sul clima di Parigi e l’Agenda 2030 dell’Onu. “Senza Europa”, assicura, “non c’è futuro”.

La due giorni romana, d’altra parte, è occasione per fare il punto sulle novità introdotte dalla legge 125/2014. C’è anzitutto la nuova Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), con un status di autonomia rispetto alla Farnesina. “Con le sue 20 sedi nel mondo, i suoi 1000 progetti e un miliardo di euro gestiti nei suoi primi anni di vita – si legge nei documenti diffusi alla conferenza – ha contribuito a finanziare e sostenere le proprie iniziative e quelle delle associazioni e delle organizzazioni della società civile destinando loro 65 milioni nel 2016 e 95 nel 2017”.

Nella 125/2014, poi, ci sono i nuovi soggetti sociali. Ne ha discusso Cleophas Dioma, regista originario del Burkina Faso, direttore del festival Ottobre africano, soprattutto coordinatore del Gruppo migrazioni e sviluppo presso il Consiglio nazionale per la cooperazione. “Diaspore e privati, sono loro i nuovi soggetti della cooperazione italiana sui quali scommettere”, ha spiegato a margine della conferenza. E Dioma, sulle comunità straniere, rilancia: “C’è tanta voglia di contribuire, da parte degli africani, degli asiatici, di tutti i migranti, che vogliono vivere bene in Italia e vogliono dare una mano per uno sviluppo equo a livello internazionale e nei loro Paesi d’origine”.

L’altro nodo, al centro della due giorni romana, è il ruolo delle aziende. Secondo Dioma, “il privato è importante perché completa l’azione delle ong, che risolvono problemi concreti, salvando i bambini e formandoli ma poi non sono in grado di dare lavoro a lungo termine”. In gioco ci sarebbero le opportunità di sviluppo e di sostenibilità nei Paesi di origine dei flussi migratori. Nei panel del pomeriggio, oltre che di giovani, sostenibilità e migranti, si è parlato appunto di privati. La Farnesina calcola che nel 2016 l’Italia è diventata il primo Paese europeo per investimenti diretti, pari a circa quattro miliardi di dollari. Il contesto è quello del Piano Ue per gli investimenti esterni: dalla Commissione sono stati stanziati nel complesso 4,1 miliardi, dei quali 1,5 a garanzia di progetti di investimento di aziende private per il triennio 2018-2020 e 2,6 a dono per assistenza tecnica e interventi di capacity building a sostegno del business climate. Domani, nella seconda e ultima giornata, ne parlerà anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. (DIRE)

Da redattoresociale

 


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