Anche se tutto ha un valore non tutto può essere comprato.
“Tutti i soldi del mondo” – in sala dal 4 gennaio con Lucky Red – venticinquesimo film firmato da Ridley Scott, per la sceneggiatura di David Scarpa, e realizzato con un budget di ben 50 milioni di dollari, trae spunto da una vicenda realmente accaduta – il rapimento del giovane Paul Getty III avvenuto nel luglio del ’73 a Roma per opera della n’drangheta calabrese e rilasciato solo nel dicembre dello stesso anno in Basilicata a fronte di un riscatto consistente e mesi di estenuanti trattative – ma si pone come un’opera complessa, a metà tra un biopic e un thriller.
Il focus non è tanto sul rapimento in sé, quanto sul denaro. A fronte del rapimento del nipote preferito, il magnate del petrolio Getty, allora l’uomo più ricco del mondo, e verosimilmente il più avido, affermò di non essere disposto a pagare nulla. Il rapimento di Paul, infatti, non è per lui ragione sufficiente per rinunciare a parte delle proprie fortune.
Tra i due Getty Gail, madre infaticabile del ragazzo ed ex nuora del potente “vecchio”, una donna travolta dal dolore ma intelligente e determinata, pronta ad assumersi qualsiasi rischio pur di riabbracciare suo figlio. Gail e l’uomo della sicurezza Fletcher Chace (inviato dal vecchio per raggiungere coi rapitori un accordo ragionevole ed economico), ex agente della CIA, si vedono costretti a una sfrenata corsa contro il tempo per raccogliere i soldi, pagare il riscatto e salvare il ragazzo.
Ma è solo dopo che i rapitori tagliano un orecchio al giovane Paul che Getty, messo alle strette, decide di pagare.
L’avarizia atavica di Paul Getty è probabilmente il nodo centrale di riflessione del film. In quel momento la cosa più importante è la vita del ragazzo, ma lui non riesce a cedere i suoi soldi, rimanendo ostaggio del suo stesso denaro. Un film che affronta con decisione il rapporto tra denaro e individui (interessante in tal senso anche la scena della “conta dei soldi”, che avviene allo stesso modo da parte dei finanzieri e dai rapitori), e come il valore delle cose e l’attaccamento ai soldi nasconda in realtà altre carenze. Non è un caso che Getty nel film dichiari “nelle cose belle esiste una purezza che non è possibile trovare nelle persone”.
Un film interessante, troppo lento per essere un thriller, e un po’ troppo romanzato in alcune ricostruzioni, ma eccellente nella fotografia di Dariusz Wolski e nella caratterizzazione dei personaggi: da Gail (Michelle Williams) a Cinquanta, uno dei rapitori calabresi (Romain Duris) a Fletcher Chase (un ottimo Mark Wahlberg). Bravo anche il giovane Getty (Charlie Plummer), capace di mostrare il suo lato adolescenziale e il terrore che vive nei mesi di disumana prigionia. Christopher Plummer – anche se inserito in corsa dopo lo scandalo per presunte violenze omofobe che ha coinvolto Kevin Spacey – calza a pennello i panni di John Paul Getty I da oscurare tutti gli altri. Sarebbe davvero interessante vedere il girato con Spacey. . Da non perdere.