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Giornalisti, fotoreporter, blogger arrestati e torturati nel 2017. Le porte girevoli delle prigioni

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Il 21 dicembre  la corte marziale di Yaoundé, la capitale del Camerun, ha annullato la condanna a 10 anni di carcere inflitta il 24 aprile 2016 ad Ahmed Abba, giornalista di Radio France International. In primo grado Abba era stato giudicato colpevole di “riciclaggio di proventi legati ad atti di terrorismo” e “omessa denuncia di terrorismo”. La corte d’appello ha confermato solo la seconda imputazione, per quanto a sua volta infondata, condannando Abba a 24 mesi di carcere, già scontati dal momento che era stato arrestato il 30 luglio 2015.

Il 25 dicembre è stato rilasciato in Egitto il fotogiornalista Omar Abdel Maqsoud. In carcere dall’aprile 2014 con l’accusa di aver appiccato il fuoco ad alcune automobili appartenenti al presidente Abdel Fattah al-Sisi, il 27 febbraio di quest’anno era stato condannato a tre anni nonostante la difesa avesse dimostrato che l’uomo si trovava sul posto di lavoro al momento dell’attentato.

Il 26 dicembre “il macellaio ignorante”, al secolo Wu Gan, attivista e blogger cinese di 45 anni, è stato condannato a otto anni di carcere dal tribunale del popolo n. 2 di Tianjin. Il “reato”? Aver denunciato alcuni casi di tortura.

Le porte delle prigioni si aprono e si chiudono come sempre per i giornalisti e i blogger. Se secondo Reporter senza frontiere quest’anno è stato meno sanguinoso dei precedenti – ne parla sul portale di Articolo 21 Antonella Napoli – la repressione prosegue sotto altre forme (soprattutto in Turchia, Iran Egitt e nello spazio ex sovietico con arresti, processi e condanne) e vede coinvolti anche attori non statali.

Penso al sangue dei blogger laici che ancora continua a scorrere in Bangladesh. Penso alla “collera” dei “devoti musulmani”, scattata dopo che il 9 novembre la Corte d’appello della Mauritania ha annullato la condanna a morte emessa nel dicembre 2014 nei confronti di Mohamed Mkhaïtir, giudicato colpevole in primo grado di aver pubblicato un post “blasfemo” sul suo profilo Facebook. Per blandire i facinorosi, il governo ha dovuto promettere una nuova legge contro la blasfemia che renderà difficile scappare alla pena capitale.

Voglio chiudere ricordando una buona notizia già data nel corso del 2017: la scarcerazione del giornalista con la più lunga condanna al mondo, Muhammad Bekzhanov. Condannato in Uzbekistan nel 1999 a 15 anni con la falsa accusa di aver collaborato all’organizzazione di una serie di attentati, nel 2014 era stato condannato ad altri quattro anni e otto mesi per una presunta violazione del regolamento interno della colonia penale dove era detenuto. Il 22 febbraio è tornato in libertà. La speranza è che di notizie belle come questa, nel prossimo anno, ce ne siano molte di più.


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