Non ho mai creduto nella Tv educativa, in quella pedagogica, nel pensiero unico. L’opera di ingegno è tale se resta libera. Sgombriamo subito il campo perciò da Gomorra si, Gomorra no e discutiamo di un problema serio che per la prima volta ci troviamo ad affrontare. Perché un (eccellente) prodotto televisivo sta dividendo l’opinione pubblica? Perché intellettuali, magistrati, pezzi di società civile, associazioni che sui territori si impegnano nell’antimafia sociale, lanciano un allarme sul rischio di emulazione e di una rappresentazione vecchia e parziale di una realtà che non c’è più?
Non è un documentario, dicono giustamente attori e autori della fortunata serie di Sky. E’ vero, loro sono liberi di raccontare il loro punto di vista ma sbagliano quando, come per giustificarsi, dicono che Gomorra è una fiction di denuncia. È soltanto un prodotto commerciale. Non ci sono i buoni, perché non avrebbero senso. Neanche nei Sopranos c’erano i buoni, ma la fortunata serie americana guardava con ironia quei mafiosi italo americani. Nessuno vuole intromettersi nella scelta editoriale ma se la location, la periferia napoletana, non è puramente casuale e se i riferimenti narrativi non sono puramente casuali, non tener conto di quello che, in questi anni, è realmente accaduto giustamente indigna chi in quei territori ci vive e cerca di cambiarli. La verosimiglianza dei fatti, la storia criminale di Napoli di oltre trent’anni, accorpata in uno spazio temporale di pochi anni, falsa la realtà. E, per motivi di sceneggiatura, si resta a un tempo passato che non trova riscontro in quello che accade oggi.
Noi che abbiamo una coscienza, che abbiamo gli strumenti per poter scegliere da che parte stare, vedere o non vedere Gomorra non ci cambia. Ma come società, il problema che ci dobbiamo porre è l’effetto che gli eroi negativi hanno sui ceti marginali, su quello che una volta si definiva il sottoproletariato urbano. Perché i ragazzi delle paranze aspettano con ansia le puntate di Gomorra? Perché si riconoscono nei Ciro di turno? Perché dopo la fine delle puntate aumentano le stese? Per emulazione? Forse sì oppure no. Anch’io penso che sia la realtà (non sempre aggiornata) a dare gli spunti agli autori e non viceversa. Ma perché quel mondo di sotto, quel sistema criminale napoletano si riconosce nelle vite dei personaggi di Gomorra?
La questione, dunque, riguarda noi perché dobbiamo essere consapevoli della fragilità della nostra società. Negli Stati Uniti dove I Soprano hanno fatto sorridere non so se una serie che faccia suo il punto di vista di un terrorista jihadista possa essere accettata dall’opinione pubblica americana perché in questo caso la ferita è ancora aperta. Dobbiamo cioè sapere che noi viviamo ancora una guerra civile nel nostro Paese nella quale cadono anche vittime innocenti e vengono messi in discussione i nostri diritti e le nostra libertà. Io non ho una risposta, io so che non può essere quella della censura ma so anche che il male non ha nulla di bello.