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La sinistra quindici anni dopo

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Quindici anni dal Forum Sociale Europeo di Firenze che nel 2002 riprese il cammino interrotto sedici mesi prima a Genova, durante la mattanza della scuola “Diaz” e della caserma di Bolzaneto. Quindici anni nel corso dei quali molti si sono resi conto che quei giovani utopisti, in molti casi purtroppo persi alla politica e incapaci di ritrovare le motivazioni e le speranze smarrite drammaticamente in quei maledetti giorni del luglio 2001, avevano non solo ragione ma anche un concreto e ragionevole programma politico: un progetto che la stessa sinistra, all’epoca, si è rifiutata di comprendere e di accogliere, preferendo inseguire il liberismo selvaggio che l’ha sprofondata, a livello globale, nelle condizioni in cui, purtroppo, versa attualmente.
È, infatti, tardivo, ipocrita e del tutto inutile stracciarsi le vesti e interrogarsi su come sarebbero andate le cose se, anziché seguire Blair e Schröder lungo la rotta deleteria che ha condotto la Gran Bretagna alla Brexit e la Germania ad un metro dall’abisso di due elezioni in pochi mesi, non essendo ancora emersa una maggioranza coesa, autorevole e credibile in seguito alle elezioni delle scorso 24 settembre, si fosse dato ascolto a chi denunciava l’insostenibilità del modello socio-economico liberista.

Firenze e il discorso appassionato di Dario Fo e Franca Rame, Firenze e le polemiche con Oriana Fallaci, che in quell’occasione prese oggettivamente una cantonata, Firenze e la sinistra europea che si ritrovò prima di perdersi definitivamente, Firenze e alcuni giovani leader di valore che ora stanno facendo parlare di sé, nei rispettivi paesi e non solo, Firenze protagonista di un’invasione pacifica e gioiosa, Firenze sulla scia di Seattle, Firenze e la promozione di una sorta di controcultura moderna, Firenze felice come non lo era più da tempo, Firenze che allora viveva ed era ancora amministrata secondo l’esempio di La Pira mentre oggi è la città simbolo del renzismo e di tutto ciò che lo caratterizza; insomma, Firenze come emblema del lento e inesorabile degrado della sinistra, del suo declino morale, civico e propositivo che ci ha condotto dove siamo oggi, con la prospettiva di non riuscire a risollevarci per non si sa quanto tempo.

Firenze e ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato, come non è stato dopo le manifestazioni contro la guerra in Iraq, come non è stato, per limitarsi all’Italia, dopo i due attacchi, fortunatamente sventati, alla Costituzione e come non sarà fino a quando la sinistra non si libererà dei propri vizi, delle proprie divisioni, del proprio linguaggio arcaico e convincente solo per una ristretta cerchia di addetti ai lavori, del suo evidente autolesionismo e del suo complesso di inferiorità che la induce sempre, va a capire perché, a rinnegare se stessa e i propri valori per lasciarsi andare ad un pigolio inascoltabile che, inevitabilmente, spalanca la strada ai cosiddetti populisti.
Firenze, dunque, come un immenso sogno infranto dopo il quale non c’è stato più nulla, se non le pur significative iniziative adottate, negli ultimi anni, per ribellarsi alla crisi economica, al precariato esistenziale e ad altre barbarie che stanno minando il futuro di intere generazioni: battaglie lodevoli e sacrosante, per carità, ma fuori tempo massimo, quando ormai l’Occidente era già in guerra con se stesso e nemmeno la piattaforma programmatica degli idealisti inascoltati di inizio secolo era più in grado di salvarlo da se stesso.

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