Dovrebbero invece ringraziare perché la “letterina” arriverà solo a maggio, dopo le elezioni. Sale il debito pubblico. Al Senato voto di fiducia sul decreto fiscale
Di Alessandro Cardulli
Le anime belle si svegliano. A partire da Gentiloni che fa boccucce, come i bambini quando vengono rimproverati, e dal ministro Padoan, l’artefice delle manovre economiche che se la prende con i Commissari Ue perché, di fatto, rivelano gli accordi presi nelle segrete stanze di Bruxelles. Una sorta di patto scellerato: la manovra di Bilancio non va, dicono i Commissari, ma la letterina con la quale annunciano che saranno richiesti i necessari aggiustamenti, una bocciatura insomma, arriverà a maggio. Dopo le elezioni. Il presidente del Consiglio, forse ignora una sorta di tradizione, nei nostri confronti non è la prima volta che la Commissione rinvia il giudizio critico per non turbare equilibri elettorali. Anche l’anno passato la letterina arrivò dopo il referendum costituzionale. Questa volta le considerazioni della Commissione arriveranno ad un governo diverso da quello che la manovra ha messo in piedi. Ammesso che dopo il voto di marzo, se questa sarà la data che verrà stabilita, vi sia un governo. Se non ci fosse , o se non fosse in grado di apportare le correzioni richieste, su debito e riforme si andrebbe al commissariamento. Gentiloni, nei suoi sempre più frequenti lamenti nei confronti dei Commissari Ue, ad imitazione del predecessore Renzi Matteo, invece di guardare alla realtà dei fatti si abbevera alle statistiche Istat, sempre più ottimistiche. Il governo e Padoan in particolare, sulle orme tracciate dall’ex premier e ora segretario del Pd, sfarfallano: abbiamo creato un milione di posti di lavoro. Ma guarda caso la maggior parte sono precari, addirittura si tratta di “lavoretti”.
Il premier: “Non siamo più il fanalino di coda”. Ma i numeri dicono il contrario
Il presidente del Consiglio dice: “Si parla di rimproveri europei, ma abbiamo molto migliorato la situazione del deficit italiano. Non siamo più il fanalino di coda dell’Europa”. Ma i numeri dicono il contrario. Poi si trasforma in economista ed afferma: “Le riprese economiche possono essere senza lavoro e, per fare in modo che non sia così chi governa deve intervenire contro esclusione e povertà. Occorre raccogliere la sfida del cambiamento evitando che producano nuova solitudine e frustrazione”. Poi si lascia andare al lirismo e sottolinea “la nostra storia, cultura, bellezza. Siamo uno dei paesi più ammirati, se non invidiati al mondo”. E, di fatto, se la prende con il vicepresidente della Commissione Ue, dell’esecutivo di Jean Claude Juncker, il finlandese Jyri Katainen il quale ha detto che “i conti dell’Italia non stanno migliorando e l’unica cosa che poso dire è che tutti gli italiani dovrebbero sapere quale è la situazione”. Viene consolato, Gentiloni, dai media e dagli scriba compiacenti i quali subito dicono che il Katainen è un falco. Non più di moda il tedesco Schauble ora l’obiettivo, il nemico diventa il finlandese. In realtà di falchi ce ne sono tanti. Ma in questa occasione i numeri sono numeri e l’Italia era stata avvisata.
I Commissari Ue. L’Italia non mantiene gli impegni presi
Per dirne una, proprio oggi Bankitalia rende noto che a settembre il debito pubblico è tornato a salire attestandosi a 2.283,7 miliardi in aumento di 4,4 miliardi rispetto ad agosto. Il debito non accenna a scendere sotto la soglia di salvaguardia calcolata al 130%. Così resterà fino a tutto il 2019, poi chi vivrà vedrà. La crescita è la più bassa di Europa. In realtà l’1,8 del Pil si raggiunge grazie al ricalcolo dei giorni. Va bene se ci si attesterà all’1,5%. Poi tonerà a calare, prima 1,3%, poi il ritorno malinconico all’1%. Ancora: Bankitalia, Corte dei Conti, Upb, l’organismo parlamentare che controlla i bilanci hanno parlato di “coperture incerte” della manovra in discussione al Senato. E si tratta di organismi non definibili come “falchi”. Non solo. Se non ci fosse stato l’intervento della Banca centrale europea con l’acquisto dei titoli di stato che ha tenuto bassi i tassi l’Italia non avrebbe retto. Anche ieri a Bruxelles i Commissari hanno tenuto una discussione politica sui piani di bilancio dei paesi dell’Eurozona, ma niente è stato lasciato trapelare rispetto “alle regole del debito” che riguardano in particolare l’Italia. Nei prossimi giorni se ne saprà qualcosa di più. Ma i numeri parlano chiaro: malgrado la “flessibilità” di cui il nostro Paese ha goduto per il risanamento del bilancio 2017 vanno messi in conto 2,5 miliardi e per il 2018 3,5 miliardi. Questi sono i numeri. Il rischio di violare le regole del Patto di Stabilità è molto forte. Si racconta che in una riunione a Strasburgo presenti Juncker, Dombrovskis e Moscovici, si sia discusso in particolare della situazione italiana, con Mogherini che si è trovata in difficoltà a difendere l’operato del governo a fronte dei numeri che delineano la gravità dei nostri conti. La Commissione, fanno sapere fonti di Bruxelles, non farà più sconti ad una Italia che non mantiene gli impegni presi. Ad aggravare la situazione l’approvazione da parte della Commissione Bilancio del Senato del decreto fiscale che accompagna la manovra di Bilancio. Era previsto il voto in aula ma è stato rinviato a domani con la replica del governo, la presentazione di un maxiemendamento da parte dell’esecutivo che intende porre la fiducia. Approvato dal Senato andrà in aula alla Camera, nuova fiducia per l’approvazione senza subire modifiche. Difficile districarsi nell’elenco di emendamenti approvati. Fra gli emendamenti che vengono presentati come “molto importanti” l’estensione dell’equo compenso a tutti i professionisti, anche senza Ordine e Albo. Gli emendamenti approvati, una accozzaglia, sono quasi tutti del Pd. Salta invece la cosiddetta riforma delle Agenzie fiscali. I verdiniani sono stati d’accordo e la maggioranza non aveva i numeri. Come volevasi dimostrare. È stato approvato invece un emendamento “monster” del governo, scrivono le agenzie di stampa, che riguarda i territori colpiti dai terremoti, compresi quelli dell’Aquila del 2009 e dell’Umbria e delle Marche del 1997. La modifica, che conta ben 21 pagine, è stata ritoccata con alcuni subemendamenti. C’è da auspicare che non vengano posti in atto altri intralci burocratici mentre le popolazioni di Amatrice e delle altre città e paesi del Centro Italia colpite dal terremoto del 2016 sono ancora alle prese, non diciamo con la ricostruzione, ma con le macerie.