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La politica e i numeri (che non ci confortano)

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“La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, io dico l’universo, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.” (Il Saggiatore, 1623).
Galileo Galilei definisce così, con grande eleganza letteraria, la nascita della scienza moderna, ma quando ci si avventura nell’universo umano e politico, i numeri diventano liquidi e le parallele s’incontrano assai prima dell’infinito, e così c’è il rischio di ripiombare davvero in “un oscuro labirinto”.
Adesso, occhiuti economisti, quasi sempre tristi come la loro scienza, ci dicono che, forse, siamo fuori dalla crisi e che il PIL italiano -che misura tutto ma non la felicità- sta crescendo e il prossimo anno toccherà l’1,5%. Ci dicono che il tasso di disoccupazione, dopo tanti anni, sta diminuendo, almeno un po’, scendendo dello 0,4%, toccando l’11,2 %, come nel 2012. La disoccupazione giovanile, che è una delle maggiori sofferenze della società italiana, è scesa al 34,2 % dal 35,5%, ma qui si deve sottolineare “l’inganno generazionale” dell’l’Istat, che conta tra i giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni anche gli studenti, che a quell’età dovrebbero essere in gran parte impegnati a scuola o all’università.

Ma tutti questi numeri non ci confortano, perché la nostra percezione ci dice che la crisi non è passata. Poi ci sono numeri mostruosi, come i 2.300 miliardi di euro del debito pubblico italiano. A suo modo è mostruoso anche il 210, numero di scadenze che la burocrazia fiscale richiede alle imprese ogni anno. Sono mostruosi i 208 miliardi dell’ “economia non osservata”, che si riempie di evasione fiscale, lavoro nero, irregolare, e che ci allontana dal principio di legalità.

I numeri più oscuri, però, sono quelli della politica, soprattutto quando si entra nel labirinto della legge elettorale.
Il Parlamento è un labirinto oscuro quando parole lanciate al vento diventano tempesta se mescolate con una pioggia di numeri di difficile interpretazione. Parole come “fascismo”, “golpe”, “abominio”, sono lanciate contro la nuova legge elettorale chiamata “Rosatellum” dal suo creatore Ettore Rosato. In realtà la proposta non è un granché, ha numerosi difetti, ma probabilmente è il massimo che può esprimere questo Parlamento partorito dal “Porcellum”. Il principale difetto del “Rosatellum” è l’impianto prevalentemente proporzionale che “garantisce” l’instabilità permanente, ma lascia –come vogliono quasi tutti i partiti- la formazione del governo alle trattive successive, con inevitabili e faticosi “inciuci”.
Il “Rosatellum” è difettoso perché permette le pluricandidature a protezione dei “notabili” e perché ha rifiutato la norma che voleva vietare a un “incandidabile” come Silvio Berlusconi, condannato in modo definitivo per frode fiscale, la possibilità di (ri)diventare presidente del Consiglio.

Non è un difetto, invece, a differenza di quanto dicono il M5S e i frammenti sparsi della sinistra, il “premio” alle coalizioni per tentare di raggiungere una maggioranza di governo e la soglia del 3% per evitare un eccesso di frammentazione. Ma i numeri più pericolosi sono quelli che non ci sono o che diventano delle incognite quando si invocano i voti segreti. Lo furono i 101 franchi tiratori che -nascosti dietro il voto segreto- impedirono a Romano Prodi di diventare presidente della Repubblica. Gentiloni, indotto da questa memoria e da varie pressioni interne, si è rimangiato la parola data e ha chiesto, in modo assolutamente inopportuno, la fiducia per far approvare il Rosatellum ed evitare che perdesse troppi petali per strada. Tra un po’, quindi, avremo una nuova legge elettorale e poi entreremo nel “labirinto oscuro” dell’instabilità permanente di una politica senza numeri.


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