Povertà, clima e guerre: le cause che affamano oltre 200 milioni di bambini

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Pubblicato il rapporto di Save the Children: ogni anno muoiono 3 milioni di bambini per la malnutrizione. Il maggior numero di bambini denutriti è in Asia Meridionale. Al via la campagna “Fino all’ultimo bambino”: a Milano, dal 12 al 17 ottobre, sarà possibile sperimentare il “percorso esperienziale immersivo”

MILANO – Povertà, cambiamenti climatici, guerre: sono queste le tre cause principali della malnutrizione dei bambini nel mondo. I dati sono impressionanti: 52 milioni di minori sotto i 5 anni in questo momento stanno soffrendo la carenza improvvisa di cibo e nutrienti, mentre altri 155 milioni sono malnutriti cronici e rischiano che le gravi conseguenze sul loro sviluppo fisico e cognitivo si ripercuotano sull’intero ciclo di vita.
Ogni anno muoiono 6 milioni di bambini prima di aver compiuto i 5 anni per cause facilmente curabili e prevenibili. Tra queste la malnutrizione, che provoca quasi la metà delle morti infantili a livello globale, uccidendo circa 3 milioni di bambini ogni anno. È quanto denuncia Save The Children, organizzazione internazionale che dal 1919 promuove progetti dedicati all’infanzia, nel suo rapporto “Una fame da morire. Vecchie e nuove sfide nel contrasto alla malnutrizione”. Più della metà dei bambini colpiti da malnutrizione cronica si trova in Asia, in particolare in Asia Meridionale (oltre 61 milioni), e il 30% in Africa. “È semplicemente inaccettabile che ancora così tanti bambini perdano la vita perché colpiti dalla malnutrizione, un killer silenzioso, ma prevenibile, che trae ancora più forza proprio attraverso il circolo vizioso della povertà, dei conflitti e dei cambiamenti climatici -afferma Claudio Tesauro, presidente di Save The Children-. E, per quelli che sopravvivono, la malnutrizione rappresenta una condanna per tutta la vita, perché può danneggiare il loro sviluppo cognitivo e avere ripercussioni devastanti sul loro futuro e sulle loro opportunità di vita da adulti”. Qualche notizia buona c’è, comunque: sono sempre di più infatti le donne che allattano al seno: dal 36% di bambini di età inferiore ai sei mesi allattati dalle madri nel 2005, si è passati al 43% nel 2016, con aumenti consistenti soprattutto in Asia meridionale (59%) e Africa orientale (75%). Questa buona pratica garantisce ai neonati sei possibilità in più di sopravvivere nei primi mesi di vita.

Ogni anno muoiono 6 milioni di bambini prima di aver compiuto i 5 anni per cause facilmente curabili e prevenibili. Tra queste la malnutrizione, che provoca quasi la metà delle morti infantili a livello globale, uccidendo circa 3 milioni di bambini ogni anno. È quanto denuncia Save The Children, organizzazione internazionale che dal 1919 promuove progetti dedicati all’infanzia, nel suo rapporto “Una fame da morire. Vecchie e nuove sfide nel contrasto alla malnutrizione”. Più della metà dei bambini colpiti da malnutrizione cronica si trova in Asia, in particolare in Asia Meridionale (oltre 61 milioni), e il 30% in Africa. “È semplicemente inaccettabile che ancora così tanti bambini perdano la vita perché colpiti dalla malnutrizione, un killer silenzioso, ma prevenibile, che trae ancora più forza proprio attraverso il circolo vizioso della povertà, dei conflitti e dei cambiamenti climatici -afferma Claudio Tesauro, presidente di Save The Children-. E, per quelli che sopravvivono, la malnutrizione rappresenta una condanna per tutta la vita, perché può danneggiare il loro sviluppo cognitivo e avere ripercussioni devastanti sul loro futuro e sulle loro opportunità di vita da adulti”. Qualche notizia buona c’è, comunque: sono sempre di più infatti le donne che allattano al seno: dal 36% di bambini di età inferiore ai sei mesi allattati dalle madri nel 2005, si è passati al 43% nel 2016, con aumenti consistenti soprattutto in Asia meridionale (59%) e Africa orientale (75%). Questa buona pratica garantisce ai neonati sei possibilità in più di sopravvivere nei primi mesi di vita.

Per salvare un sempre maggior numero di bambini, Save the Children rilancia anche quest’anno la campagna globale “Fino all’ultimo bambino, per salvare e dare un futuro ai bambini senza un domani”: “Dal 1990 ad oggi sono stati compiuti importanti passi in avanti per ridurre il fardello della malnutrizione, riducendo da 254 a 155 milioni il numero di bambini colpiti da malnutrizione cronica -sottolinea Valerio Neri, direttore generale della ong-. Noi continueremo a fare di tutto perché nessun bambino venga più lasciato indietro”. Nell’ambito della Campagna, Save the Children, in collaborazione con Microsoft e con il patrocinio del Comune di Milano, ha ricreato, presso la Microsoft House di Milano (in viale Pasubio 21), un percorso “esperienziale immersivo” (dal 12 al 17 ottobre),  per conoscere da vicino il problema della malnutrizione. Grazie alle tecnologie della realtà mista (con il visore HoloLens), i visitatori avranno la possibilità di vivere un’esperienza coinvolgente ed educativa. Attraverso gli ologrammi, infatti, potranno sperimentare sensazioni reali di contesti di disagio, oltre a poter sentire durante il percorso anche odori e suoni per ritrovarsi a tu per tu con le stesse sfide di chi, ogni giorno, è costretto a fare i conti con la povertà estrema, le guerre e i cambiamenti climatici.

Il circolo vizioso della povertà. I bambini che nascono in contesti di povertà sono i più esposti al rischio della malnutrizione e alle gravi deprivazioni di carattere sanitario ed educativo. In 103 Paesi a medio e basso reddito sono 689 milioni i minori considerati poveri multidimensionali: in India lo è circa la metà dei bambini, mentre ben 9 su 10 in Etiopia, Niger e Sud Sudan. In Africa subsahariana, appena meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali (43%), può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre solo una persona su cinque ha accesso ai servizi igienici, considerati entrambi elementi essenziali nella lotta alla malnutrizione. In Asia centrale e meridionale la percentuale di popolazione nelle aree rurali con accesso ai servizi igienici è invece del 40%. Tra gli elementi che incidono sulla povertà infantile anche l’accesso all’istruzione e alla formazione, dal quale ancora oggi sono tagliati fuori 263 milioni di bambini e adolescenti nel mondo.

Cambiamenti climatici. In seguito alla grave emergenza El Niño, considerata la peggiore crisi legata al cambiamento climatico degli ultimi 35 anni, quasi 20 milioni di persone, nel Corno d’Africa, stanno soffrendo gli effetti della dura crisi alimentare, tra cui ben 7 milioni di bambini tra Etiopia, Somalia e Kenya che non hanno sufficiente accesso al cibo, in seguito alla perdita dei raccolti e del bestiame provocata dalla siccità, e a fonti d’acqua sicure, con forti ripercussioni sulla diffusione di malattie quali diarrea, colera e morbillo. In Kenya sono 83 mila i bambini colpiti da forme severe di malnutrizione acuta e 39 mila le donne incinte o in fase di allattamento a rischio. La malnutrizione acuta ha colpito 376 mila bambini in Etiopia e 275 mila in Somalia dove, nella prima metà del 2017, il numero di bambini affetti da malnutrizione, che hanno 9 probabilità in più di perdere la vita, è aumentato di almeno il 50%.  A livello globale, inoltre, se i cambiamenti climatici estremi dovessero intensificarsi si stima che oltre 592 milioni di persone potrebbero essere a rischio malnutrizione nel 2030 e quasi 477 milioni nel 2050.

Conflitti. Delle 815 milioni di persone denutrite a livello mondiale, più della metà (489 milioni) vive in Paesi colpiti da conflitti, dove si stima che il tasso di malnutrizione cronica si riduca a un ritmo 4 volte inferiore rispetto ai Paesi non colpiti da crisi e dove i tassi di povertà risultano in media superiori di 20 punti percentuali. Si tratta, in particolare, di zone in cui i bambini hanno il doppio delle possibilità di diventare malnutriti e morire durante l’infanzia rispetto ai propri coetanei negli altri Paesi in via di sviluppo. Contesti estremamente fragili e pericolosi in cui i minori e le loro famiglie sono costretti a sfamarsi con quel che rimane dei raccolti o ad arrangiarsi con ciò che trovano, come cibo per animali o foglie, a bere da sorgenti d’acqua contaminate, spesso senza accesso a medicinali e assistenza sanitaria. In Yemen, dove circa 17 milioni di persone – pari al 60% della popolazione – risultano in stato di insicurezza alimentare, già prima della crisi circa la metà dei bambini sotto i 5 anni risultava affetta dalla malnutrizione10 e 1 donna ogni 370 moriva per complicazioni durante gravidanza e parto, mentre dal 2014 al 2016 l’aggravarsi del conflitto ha provocato un aumento del 20% delle morti infantili. (dp)

Da redattoresociale

 


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