L’antefatto è rappresentato dalla pubblicazione di una raccolta, “Ebbrezze letterarie”, curata da Diego Nuzzo che riunisce dieci racconti di altrettanti scrittori per raccontare gli aspetti più disparati dell’ebbrezza: la passione, la voluttà, la gioia, l’euforia, la confusione, l’eccitazione, la vera e propria ubriachezza. Gli autori (Viola Ardone, Franco Arminio, Diana Lama, Diego Lama, Titti Marrone, Antonella Ossorio, Silvio Perrella, Pier Luigi Razzano, Eduardo Savarese e lo stesso Diego Nuzzo) decidono di concerto con l’editore Colonnese di devolvere integralmente i diritti d’autore dell’opera alla “Fondazione San Gennaro” di Napoli che favorisce lo sviluppo del Rione Sanità, valorizzando i progetti già in essere, sostenendo iniziative sociali e promuovendo la cultura della responsabilità e della solidarietà. Insomma un’opera meritoria che unisce cultura e impegno sociale. L’editore decide di promuovere la pubblicazione attraverso un’inserzione pubblicitaria a pagamento su Facebook. Ma l’iniziativa viene censurata dallo stesso social network. Perché mai? Perché nella locandina pubblicitaria viene riportata la copertina del libro che reca al centro un’immagine “scandalosa”: un quadro del pittore francese William-Adolphe Bouguereau del 1884 “La giovinezza di Bacco”.
“Dal momento che non rispetta le nostre normative pubblicitarie in quanto promuove prodotti o servizi per adulti, la sua inserzione non può essere approvata. Non è consentito l’uso di immagini o video di nudo o scollature troppo profonde, anche se per fini artistici o educativi” è la giustificazione di Facebook. Ora sappiamo che la censura è applicata da un algoritmo del tutto simile a quello che individua i volti per consigliarti il “tag” sulle foto. Però che a decidere se sia scandalosa o meno un’immagine di un pittore ottocentesco sia un procedimento frutto di passi elementari ma assolutamente privo di alcuna valutazione da parte dell’uomo, è cosa che lascia senza parole. Senza scomodare Umberto Eco, gli apocalittici e gli integrati, la stupidità della rete, la iattura del politicamente corretto che tutto appiattisce e tutto banalizza, ci si chiede: siamo veramente tornati ai bei tempi di Daniele da Volterra che dovette “coprire” con foglie di fico i genitali dell’affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina dopo che il Concilio di Trento aveva condannato la nudità nell’arte religiosa?
Per molti la relazione con il mondo è quasi totalmente regolata da algoritmi: ci si domanda a quali scenari prepara questa scelta, quali conseguenze può avere e quale modello di società stiamo portando avanti.