Lettera aperta alle/ai partecipanti all’Assemblea Nazionale di Articolo 21
Care colleghe e cari colleghi,
a nome del Gruppo Operativo della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese vi invio questa lettera ed il documento allegato, che sono frutto di un lavora di squadra, per richiamare la vostra attenzione sulle carenze gravi della informazione sulla questione palestinese e sul conflitto asimmetrico tra lo Stato Israeliano ed il Popolo Palestinese. Essa è tutt’altro che puntuale, completa ed equilibrata, come sarebbe giusto e necessario. Sostanzialmente si basa su di uno stereotipo: il Popolo Palestinese come tale quasi non esiste, privo di storia, cultura ed identità, tutti i palestinesi, o quasi, sono terroristi; Israele, invece, è l’unica democrazia del Medio Oriente, è un paese civilissimo ed avanzato su tutti i fronti, dotato dell’esercito “più morale del mondo”costretto a difendere il paese e garantire la sua sicurezza, minacciati da centinaia di milioni di arabi che vorrebbero distruggerlo.
Le notizie che non corrispondono a questo cliché stentano a passare e così l’opinione pubblica riceve una visione distorta della realtà. In grandissima parte,ignora, ad esempio, che nonostante vivano da 50 anni sotto una pesantissima occupazione in Cisgiordania e sotto strettissimo assedio nella Striscia di Gaza, i Palestinesi riescano a mantenere viva letteratura, cinematografia, teatro e che ogni venerdì i Comitati Popolari per la Resistenza Non Violenta organizzano pacifiche manifestazioni di protesta nei pressi del Muro della Vergogna che sin dal 2004 è stato dichiarato “contrario al Diritto Internazionale” dalla Corte di Giustizia dell’Aia e dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Guerra. Si ignorano le condizioni invivibili nelle quali sono costretti i palestinesi in Cisgiordania, a Gaza, a Gerusalemme, quali discriminazioni subiscano i palestinesi che vivono in Israele, cui è negato persino il nome, venendo chiamati arabi israeliani. Non si conoscono quali sono i metodi con i quali l’<esercito più morale del mondo> tiene sotto scacco la popolazione palestinese Eche solo dal 4 luglio al 19 settembre, per fare un esempio, sono stati uccisi 21 palestinesi di cui 3 bambini,altri 1778 di cui 79 minori sono stati feriti mentre 787 di cui 115 minori e 14 donne sono stati arrestati/e. Un quadro più completo della repressione potrete averlo esaminando il documento che vi allego.
Di Israele si hanno quasi solo notizie positive. Mai si dà spazio alla voce di ebrei critici nei confronti drl governo israeliano Pochissimi sanno che in Israele vi sono forti movimenti di opposizione e di protesta di ebrei israeliani contro l’occupazione dei Territori Palestinesi. Sono, ad esempio, certo non esaustivo, Breaking the Silence, costituito da ex appartenenti all’esercito più morale del mondo che ritornati alla vita civile denunciano le atrocità che hanno compiuto durante il servizio militare, Mesarvot che raccoglie i/le giovani israeliani/e che hanno pagato con una scarcerazione il rifiuto del servizio militare, il servizio militare. I più ignorano che oltre cento ufficiali di altissimo rango, in pratica i vertici delle forze armate, hanno sottoscritto ed inviato a Netanyahu un documento di contestazione del protrarsi della politica di occupazione e che Ilan Baruch, ex ambasciatore in Sud Africa e negoziatore per conto del governo israeliano nelle trattative con l’Autorità Palestinese successive agli accordi di Oslo, si è dimesso ed ha lasciato la carriera diplomatica, accusando Netanyahu di essere venuto meno agli Accordi firmati dallo Stato Israeliano.
Quando si nasconde che sono complessivamente 88 gli atti con cui a partire dal 1976 l’ONU ha condannato Israele e gli ha intimato di por fine all’occupazione, quando si tace che l’Onu ha certificato sia che “Le colonie sono mantenute attraverso un sistema di segregazione totale tra i coloni israeliani e la popolazione” palestinese i cui diritti umani vengono violati in numero considerevole “a causa dell’esistenza delle colonie ” (Commissione guidata dal giudice francese Christine Chanet nel 2013) sia che Israele esercita un regime di apartheid contro il popolo palestinese ed all’interno dei propri confini (Rapporto ESCWA di Richard Falk e Virginia Tilley), non si cela soltanto la tragedia di un popolo oppresso e quella del popolo dello Stato oppressore che sta rischiando di tradire la propria cultura e di smarrire la propria identità, ma si nascondono anche gli effetti dirompenti del conflitto israelo-palestinese in tutta l’area nonché sul’Europa ed in particolare sull’Italia.
Gli analisti politici sono tutti concordi nel considerare quel conflitto nel cuore del Medio Oriente la principale causa della destabilizzazione dell’area; i più attenti tra essi segnalano il rischio di una prossima deflagrazione nell’intera regione, poiché Israele teme di essere attaccato di nuovo su due fronti: a nord da Hezbollah e a sud da Gaza. Fermare l’Iran e fermare gli Hezbollah con una invasione del Libano è dunque un obiettivo centrale della strategia israeliana. Non a caso si è appena conclusa l’esercitazione militare israeliana che aveva come obiettivo simulato l’invasione del Libano e pare che non si sia andati oltre la simulazione per la mediazione dell’Ambasciata tedesca, sensibilizzata da Hezbollah.
Alla strategia israeliana non sono estranei ovviamente gli Usa e l’Arabia saudita. Si spiega così, la rottura del fronte sunnita con la crisi dei rapporti dell’Arabia con il Qatar, essendo quest’ultimo il paese arabo che ha buoni rapporti con l’Iran, in quanto sfruttano insieme lo stesso giacimento di gas, ed anche con Gaza. Si spiega così anche la sostituzione con un generale irlandese del comandante italiano dell’Unifil, l’organizzazione che a suo tempo il governo italiano riuscì a schierare per bloccare le operazioni israeliane contro il Libano e la Siria. Israele aspira alla eliminazione dell’Unifil. Ma l’ambasciatora statunitense all’Onu lo ha già criticato perché non docile.
In questo contesto si spiegano anche la guerra in Siria nella si sono fronteggiati su posizioni opposte e continuano a farlo, gli Usa e la Russia e lo stesso conflitto intrareligioso tra sunniti e sciiti che vede l’Arabia sunnita, alleata di Israele , contrapposta all’Iran sciita. E si spiegano pure le varie forme di terrorismo, la molteplicità dei loro obiettivi cui corrisponde la molteplicità dei finanziamenti, ai quali non sono estranei USA, Turchia, Arabia Saudita, Emirati ed Israele; finanziamenti che servono per seminare in ogni caso distruzioni e morti. La contrapposizione di schieramenti si riflette pure sull’approccio alla tragedia Libica: Egitto,Arabia Saudita e Emirati del Golfo sostengono il gen. Haftar, “allevato” dagli USA, mentre l’Italia appoggia il governo di Tripoli.
Insomma il conflitto israelo-palestinese condiziona tutto ciò che accade in Medio Oriente e nel Nord Africa, ed alimenta anche indirettamente il terrorismo, perché ogni operazione militare d’Israele incrementa l’odio delle popolazioni arabe per l’Occidente, crea nuovi pretesti per il terrorismo, produce altri terroristi. Insomma costituisce una permanente minaccia per la pace in Medio Oriente e nel Mediterraneo.
Ciò è gravemente lesivo degli interessi dell’Italia che per la sua posizione geografica è il paese più esposto non solo alle conseguenze della deflagrazione del Medio Oriente ma anche alle sole minacce. Senza dire degli interessi economici, cioè degli scambi commerciali, dell’approvvigionamento energetico, si pensi che solo con l’Iran il Governo Renzi ha concluso contratti per un miliardo di dollari ri commesse e si tenga conto della presenza ornai storica dell’Eni, che risale ai tempi di Mattei.
E’ dunque vitale per noi che il conflitto tra Israele ed il Popolo Palestinesi cessi e cessino le operazioni militari che tengono sotto occupazione la Cisgiordania, sotto assedio la Striscia di Gaza, e cessino i tentativi israeliani di annettersi Gerusalemme, nonché buona parte di quel poco dei Territori occupati ancora liberi dagli insediamenti coloniali.
Affinché si superi l’attuale situazione di stallo occorrerebbe un intenso e sistematico lavoro diplomatico anche dell’Italia, la quale durante molti dei decenni passati è apparsa per la sua politica estera come il paese europeo amico di tutti i paesi arabi vicini e dei paesi produttori di gas e petrolio. Questa immagine è ora fortemente sbiadita ed il nostro paese è percepito soprattutto come propaggine dell’Occidente, il che è assolutamente contrario ai nostri interessi e ci espone di più alla minaccia terroristica.
Solo la pressione di un’opinione pubblica consapevole e cioè bene informata ed una “politica” bene avvertita possono contribuire a recuperare le tradizionali relazione dell’Italia con i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Da qui la necessità che il motto che campeggi sulla testata di Articolo 21 Il dovere di informare il diritto ad essere informati valga anche per l’informazione sulla questione palestinese e sul conflitto israelo-palestinese.
Un’informazione parziale o appiattita sul cliché cui ho accennato può essere deleteria, come si è dimostrato a proposito della risoluzione approvata il 18 ottobre 2016 dal comitato esecutivo dell’Unesco, con l’astensione dell’Italia. La Risoluzione dopo avere ribadito testualmente: <l’importanza che Gerusalemme e le proprie mura detengono per le tre religioni monoteiste> proseguiva condannando le inadempienze ed alcune azioni di Israele contrarie ai suoi obblighi di potenza occupante. Il governo israeliano non essendo in grado di smentire le accuse né intendendo porre riparo alle sue inadempienze e agli obblighi derivanti dal suo stato di potenza (anche se abusivamente) occupante, ha reagito ritirando il proprio ambasciatore e accusando l’Unesco di negare i legami dell’Ebraismo con Gerusalemme. Accusa falsa, ma stata riportata ampiamente senza verificarla. <Allucinante> ha dichiarato il Presidente del Consiglio dell’ epoca Matteo Renzi che ha immediatamente dato disposizione che di lì in poi non ci si astenesse più nelle votazioni di critica ad Israele ma si votasse contro. Potenza dell’informazione! Una notizia falsa, artatamente costruita e acriticamente diffusa, ha fornito il pretesto per modificare un atteggiamento rilevante dell’Italia in politica estera, ed in senso contrario ai nostri interessi.
Care colleghe e cari colleghi
lasciate allora che mi associ all’appello di Alex Zanotelli, giornalista anche lui ,che si è rivolto< a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa>. Vi prego: fatelo anche per la questione palestinese. Zanotelli affermava di sapere che <i mass-media , purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa>, ma una altro collega lo ha rassicurato affermando che non vi sono condizionamenti del genere. Se è così, la responsabilità di ciò che l’informazione ignora e di quel che diffonde è tutta e solamente nostra.
Spero che non me ne vogliate