Il lavoro autonomo è una questione di prospettiva, si sa. Visto da vicino è un mondo fantastico. Letteralmente. E’ come assistere a un film fantasy: nel mondo del lavoro autonomo della professione giornalistica, quando si parla di compensi, tutto può accadere. Due premesse. Siamo i professionisti dellinformazione, ça va sans dire. Iscritti a un Ordine professionale a sua volta vigilato dal ministero di Grazia a Giustizia (segnatevi questo dicastero, sarà fondamentale più avanti nda).
Per questo, quando si parla di compensi per prestazioni professionali siamo paragonati, a tutti gli effetti di legge, alle imprese. Certo, siamo imprese declinate alla prima persona singolare. Tuttavia secondo le norme – italiane ed europee – siamo in grado di contrattare alla pari le nostre prestazioni – non a caso possiamo accedere ai bandi europei come una qualsiasi società. Per capirci: siamo come avvocati (noi) che si accordano con un cliente (editore) per un incarico (articolo commissionato, visto, pubblicato).
Nel fantastico mondo del lavoro autonomo giornalistico ho visto cose che voi umani, come me, sapete benissimo.
Breve panoramica: c’è chi lavora gratis. Lo hanno confermato i risultati del questionario compilato da giornalisti che, tesserino in tasca, svolgono la professione nell’etereo mondo dell’informazione digitale. L’ultimo rapporto LSDI ci informa che nelle pubblicazioni digitali un giornalista su tre lavora senza percepire alcunché. Poi c’è quella galassia lontana, quella in cui dimora la speranza, quella in cui uno su mille, alla fine, ce la fa. Si narra – e lo conferma l’Inpgi – di colleghi pensionati, oggi lavoratori autonomi, che percepiscono compensi annuali a molti, moltissimi zeri.
Insomma: sono come noi, in mezzo a noi, e in molti casi siamo noi (cit.). Professionisti iscritti a un Ordine che non mette in sicurezza gli elenchi, dove trovano posto coloro che percepiscono (loro malgrado) due euro a pezzo, e tutti gli altri. Da chi lavora gratis a chi fattura come una PMI. In questo contesto, la Commissione nazionale lavoro autonomo ha prospettato una soluzione.
E’ una “terza via”, tra la rediviva Commissione governativa per l’equo compenso nella professione giornalistica, e quell’unica, e preziosa – se applicata – asticella che mette un freno all’indecenza professionale che si trova nel contratto attualmente in vigore (“Accordo Fnsi-Fieg sul Lavoro autonomo” che fissa in 20,83 euro il compenso minimo – minimo – per un articolo lungo 1.600 battute e per chi scrive almeno 12 articoli al mese).
La “terza via” è una strada aperta ufficialmente dalla Federazione già il 21 ottobre 2016 con una lettera consegnata nelle mani del ministro della Giustizia, Andrea Orlando… E’ un concetto molto semplice: il ministero ha stabilito con decreto i parametri in base ai quali, in assenza di accordo con il committente, il giudice deve liquidare i compensi dei professionisti. Si tratta di un decreto che può emanare motu proprio il dicastero retto da Orlando. Ministro: perché non scrive quel decreto?
Stiamo parlando del decreto del Ministero della Giustizia del 20 luglio 2012, n. 140, in Gazzetta Ufficiale il 22 agosto 2012, n. 195 “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia”. La Federazione chiede al Ministero di integrare il decreto includendo i criteri per la determinazione dei parametri di liquidazione delle prestazioni di lavoro autonomo professionale dei giornalisti.
Signor Ministro, se non ora, quando?