Restano in carcere il direttore di Cumhuriyet Murat Sabuncu, l’amministratore delegato della Fondazione che edita lo storico quotidiano turco, Akın Atalay e gli editorialisti e scrittori, Kadri Gürsel, Ahmet Şık e Kemal Aydoğdu.
Questa la decisione della Corte al termine della sesta udienza del processo a 18 dirigenti e giornalisti del giornale di opposizione che non si è mai piegato al regime del
presidente Recep Tayyip Erdogan.
La Corte ha anche disposto il nuovo arresto dell’ex direttore Can Dundar e del collega lhan Tamir, entrambi in esilio all’estero.
Ancora una volta dal dibattimento è emerso che ad essere sotto accusa è la linea editoriale di Cumhuriyet e non i presunti legami con la rete di Fethullah Gulen, ritenuto la mente del fallito golpe del 2016.
Uno degli avvocati Hikmet İlkiz non ha esitato ad affermare che “guardando alla Legge, non ci sono articoli di giornali che possano giustificare le accuse mosse ai 18 imputati di questo paradossale processo.
L’accusa è partita da un tesi, cioè quella del legame con Gülen, per poi costruire, o meglio inventare, prove inconsistenti. I giudici non hanno nulla in mano.
Eppure la Corte non ne ha tenuto conto. Anzi.
Quella verso cui ci avviamo, alla ripresa del processo il 25 settembre, appare una sentenza già scritta.
Mentre nel penitenziario di Silivri era in corso l’udienza in cui si discuteva del procedimento a carico di giornalisti, vertici editoriali e avvocati del giornale che ha sempre criticato Erdogan e il suo governo, in Turchia venivano ancora una volta eseguiti arresti di massa con accuse di “terrorismo”. Nell’ultima settimana oltre 600 persone sono finite in carcere, come ha annunciato lo stesso ministero dell’Interno di Ankara. La maggior parte (451) è sospettata di legami con Gulen, altre 117 persone sono invece ritenuti vicini al Pkk curdo,
Continua dunque l’azione repressiva del regime turco che sotto lo stato d’emergenza, dichiarato dallo stesso Erdogan dopo il putsch fallito la scorsa estate, ha portato ad oltre 50 mila il numero degli arrestati per reati di “terrorismo”.
Molti di loro non sono ancora comparsi davanti a un giudice e sono in stato di detenzione preventiva.
Gli stessi imputati del processo alla redazione di Cumhuriyet hanno dovuto aspettare mesi per potersi difendere in udienza. Il direttore Murat Sabuncu addirittura dopo 316 giorni, come uno dei membri del consiglio di redazione, Kadri Gursell, e l’amministratore delegato Akin Atalay.
Secondo l’accusa i giornalisti sarebbero fiancheggiatori di Gulen, autoesiliato negli Stati Uniti da lungo tempo.
Per questo rischiano fino a 43 anni di carcere.
Ma a rischiare la prigione non sono solo i turchi.
Il ministero degli Esteri della Germania ha annunciato oggi l’arresto di altri due tedeschi, una coppia di origine turca, che raggiungono in carcere un attivista per i diritti umani e due giornalisti, Dennis Yucel e Mesale Tolu.
Sono almeno 170 gli operatori dell’informazione dietro le sbarre in Turchia, che da tempo si è trasformata nella più grande prigione del mondo per giornalisti. Non