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Il dossier “UNDER. Giovani mafie periferie” curato da Danilo Chirico e Marco Carta

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Il dossier “UNDER. Giovani mafie periferie” curato da Danilo Chirico e Marco Carta per illuminare il buio dei suburbi di vita (Giulio Perrone Editore, 2017)

Se lo Stato produce «leggi che fanno la guerra ai poveri (non alle ragioni della povertà) delle nostre città» diventa doveroso e necessario «un radicale cambio del punto di osservazione sulla società». Così i curatori del testo Under. Giovani mafie periferie, edito a maggio 2017 da Giulio Perrone Editore, Danilo Chirico e Marco Carta, hanno fatto una vera e propria «immersione nelle periferie e nella povertà», in quello che è a tutti gli effetti «il tema di questa Italia» ma di cui «nessuno sembra volersi occupare», o almeno di farlo in maniera seria e concreta. Hanno fatto «un tuffo nel passato» scoprendo che «le cronache di questi mesi (con i commenti, gli allarmi, le preoccupazioni, le polemiche) sono le stesse di dieci o venti anni fa», ovvero che «per dieci o venti anni nessuno ha mosso un dito».

Lo scopo dichiarato del libro è «promuovere una discussione pubblica il più possibile larga» per illuminare problematiche e criticità, formulare strade alternative da percorrere, irrompere nella politica affinché cambi «linguaggio, priorità e modalità» e metta fine alla «colpevolizzazione dei poveri e degli emarginati con la scusa del decoro».

UNDER si compone di vari contributi legati tra loro dalla ferma volontà di illuminare «il senso di abbandono di chi vive ai margini della città contemporanea», quartieri dormitorio privi di spazi aggregativi in cui «i centri commerciali, spiega il sociologo Massimo Ilardi, sono diventati le nuove piazze, supplendo ai vuoti spaventosi di intervento pubblico». Buchi di presenza e assistenza che hanno contribuito a trasformare velocemente le periferie in «ghetti in mano alla criminalità organizzata». È necessario «offrire alternative al welfare delle mafie» e questo non può più essere un dovere che lo Stato continua a scaricare su associazioni e singoli privati.

Stando ai dati diffusi dal rapporto Disordiniamo del Garante per l’Infanzia, «l’Italia spende per bambini e famiglie l’1,3% del Pil, rispetto all’11% della Germania, per fare un esempio comparativo e indicativo». Non si può certo affermare che si sta facendo il massimo. I margini di miglioramento sono notevoli considerando anche che attualmente «le risorse vengono impiegate soprattutto sotto forma di trasferimento di denaro». Programmi strutturali e strutturati, progetti e obiettivi ad ampio raggio e duraturi nel tempo potrebbero, magari, dare risultati migliori. A parole, tutti affermano di voler investire nella scuola e nella cultura. Anche la ministra Fedeli lo fa nell’intervista riportata nel testo, nella quale viene più volte menzionata Labuonascuola ma l’Italia, stando ai dati Eurostat, «è all’ultimo posto in Ue per percentuale di spesa pubblica destinata all’educazione e al penultimo posto per quella destinata alla cultura».

Così, anche se la stessa ministra mette le mani avanti quando afferma che «non sempre è possibile percepire subito i risultati delle azioni che vengono messe in campo. Soprattutto in ambito scolastico», non si può non chiedersi quanto siano invece necessari provvedimenti più incisivi che evitino alle nuove generazioni di restare costantemente indietro rispetto ai loro coetanei europei e mondiali. Intere generazioni sempre più affascinate dal mondo criminale nel quale non occorre studiare e lavorare, pagare tasse e contributi, dove a vincere è il più scaltro e basta “poco” per riempire il portafogli. Dove le «carriere crescono all’ombra di uno ‘stupore di maniera’ di fronte ai casi di cronaca più sensazionali», quelli su cui né la stampa né il pubblico può tacere fingendo di non sapere che «non si può costruire un paese civile se si rinuncia a una seria cultura antropologica della criminalità minorile».

Il sistema mafioso è una sanguisuga, se smetti di nutrirlo va altrove oppure si indebolisce.  Se invece ci scendi a compromesso, se accetti la spartizione non solo contribuisci a rafforzarlo ma ne diventi a tutti gli effetti una pedina, una componente, anche se mafioso non ti ritieni e preferisci essere etichettato come onorevole, professionista, impiegato, politico, cittadino… Nonostante sia tutt’oggi molto diffusa e condivisa l’opinione dei «negazionisti delle mafie», i quali forse preferiscono pensare e lasciar credere che il fenomeno sia ancora legato e circoscritto a determinati territori e figuri che cinema e televisione hanno stereotipato alla stregua di ‘maschere’ senza tempo. La mafia si è evoluta e diffusa e quella visibile tra i giovani delle periferie non è che una soltanto delle sue evoluzioni.

Cesare Moreno della onlus Maestri di strada afferma di non avere paura della mafia, «perché mi confronto tutti i giorni con questo ambiente». A spaventarlo invece è «questa società che non crede in se stessa e non ha nulla da dire ai giovani». Uno Stato che, nonostante gli slogan e le belle parole, sembra aver abbondantemente gettato la spugna. Nella provincia di Reggio Calabria ben 81 comuni, su un totale di 83, «non hanno i servizi sociali». Così, in terra di ‘ndrangheta, «si è abbandonata completamente un’idea di sociale» e la lotta al crimine organizzato «è affidata soltanto a magistrati, poliziotti, esercito». Una «lotta a metà, quindi inefficace per definizione». Sempre attuali le parole di Platone che vedeva «la giustizia giusta esistere solo in un paese giusto».

Sottolinea Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud, come «è del tutto evidente che parlare di sviluppo economico immaginando di applicare il solito paradigma del prima lo sviluppo e la crescita, poi il welfare è una pericolosa stupidaggine» non solo per le periferie geografiche ma anche per quelle sociali. Affinché ci sia «sviluppo ci deve essere essere coesione sociale», altrimenti è più facile ci siano solo squilibri e sfruttamento.

A Roma, a Ponte di Nona, con «il piano di riqualificazione realizzato nell’ambito del progetto Punti Verdi Qualità» i cittadini «si sono ritrovati una gigantesca sala slot inaugurata nel 2009 mentre l’asilo è rimasto chiuso». Una città, la capitale, dove «si contano oltre 50.000 slot machine» in uno stato, l’Italia, che vieta il gioco d’azzardo. Che afferma di vietarlo in base alla normativa vigente.

Le politiche di austerity hanno «indebolito la continuità degli interventi sociali», piegando anche «la necessità dei più deboli alla logica del massimo ribasso». Incisivo l’intervento di Marco Carta su una città schiacciata «sotto il mondo di mezzo» dove sembra si operano scelte e interventi «come se un bambino da recuperare fosse una buca da riempire».

Più volte, leggendo Under. Giovani mafie periferie, ci si chiede come si fa, in terra di mafia, a scegliere liberamente. La verità è che non si può dove manca uno Stato a fornire gli strumenti necessari per poterlo fare. Perché, è inutile negarlo, è proprio laddove lo Stato arretra sulle proprie responsabilità che le organizzazioni criminali riescono ad avanzare e a radicare il controllo del territorio, che per loro è fondamentale. Il sistema mafioso «ha tante porte che qualcuno avrebbe il dovere di chiudere». Le famiglie, certo. La scuola, anche. Ma è dallo Stato e da tutte le sue istituzioni che deve partire la spinta più potente. Che dovrebbe partire. Non serve additare il fenomeno come peculiare delle regioni del Sud. Non è bastato in passato per evitare che la mafia si espandesse anche oltre i confini di stato e non servirà neanche ora a salvare i giovani e le periferie, geografiche e sociali.

E se è vero che «le mafie si combattono anche con la cultura e con la coscienza collettiva» lo è di sicuro che il popolo tutto deve ‘combattere’ la latitanza dello Stato nelle periferie come nei centri, per le strade come nei palazzi, nei discorsi come sulla carta… affinché nessun cittadino sia costretto a chiedersi «da che parte sta la legge». Mai.


Under. Giovani mafie periferie curato da Danilo Chirico e Marco Carta è una miscellanea di contributi di numerosi autori che risulta al lettore molto interessante spaziando dal racconto di testimonianze dirette a fatti, da resoconti di dati e statistiche a progetti attuati o da attuare. Un libro che si spinge oltre le intenzioni dei curatori, ovvero la spinta ad aprire “una discussione pubblica il più possibile larga”, perché lo ‘squarcio’ che apre in chi lo legge è più profondo e non riguarda solo l’esterno, il relazionarsi con gli altri, ma anche con se stessi.

Danilo Chirico: Nato a Reggio Calabria, vive e lavora a Roma. Giornalista, scrittore e autore televisivo. Ha scritto e curato diversi libri sulle mafie. È presidente dell’Associazione antimafie daSud.

Marco Carta: Giornalista romano impegnato a far conoscere e indagare ‘il lato oscuro’ della capitale.

 

In Under. Giovani mafie periferie sono presenti articoli e/o contributi di: Lorenzo Misuraca, Angela Iantosca, Andrea Meccia, Lara Facondi, Gianluca Palma, Carmen Vogani, Daniela Valdacca, Jessica Niglio, Amalia de Simone, Bruno Palermo, Dario Antonini, Zeno Gaiaschi, Sara Troglio.


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