La famiglia del ricercatore italiano Giulio Regeni, torturato e ucciso in Egitto ha incontrato i pm romani titolari dell’inchiesta sulla sua morte ma nelle nuove carte inviate dall’Egitto, una dozzina di pagine di verbali, non ci sarebbe nulla di importante per le indagini. La polizia egiziana nega ancora qualsiasi coinvolgimento e i magistrati del Cairo hanno soltanto preso atto dei ripetuti “no” dei sospettati. Intanto tornerà nella sede del Cairo l’ambasciatore italiano. Dopo Maurizio Massari, richiamato in Italia il 10 aprile dello scorso anno arriverà il 14 settembre Giampaolo Cantini, una decisione criticata dagli stessi genitori di Giulio Regeni. Anche Amnesty International ha espresso forti dubbi sulla decisione del governo italiano confermata alcuni giorni fa dal ministro Alfano in audizione alla Camera. “Restiamo molto scettici – ha detto il presidente di Amnesty Italia, Antonio Marchesi – sul fatto che il ritorno dell’ambasciatore potrà avvicinare la verità sull’assassinio di Regeni. Purtroppo, il ritiro dell’ambasciatore è stato l’unico significativo atto del governo. Al contrario di quanto dichiarato dal ministro Alfano, non sono state assunte iniziative degne di nota a livello internazionale e nessuna nell’ambito delle Nazioni Unite”. Una farsa geopolitica, l’ha definita il New York Times in una recente inchiesta tra depistaggi del governo egiziano, informazioni dell’intelligence statunitense e interessi economici italiani in Egitto. Con la flebile speranza che dopo le tante ombre sull’omicidio si possa presto aprire uno squarcio di luce.
Il servizio di Stefano Corradino su Rainews24