Lorenzo Ostuni era un funzionario della RAI, con ufficio a viale Mazzini, ma i suoi interessi erano altrove. Aveva affittato una cantina al n.175 di Via degli Scipioni, un antro in cui si scendeva per gradini stretti e ripidi, in cui la sera attorniato da un gruppo di ospiti, si dedicava alla lettura dei destini. Attraverso le pietre. La sua disciplina, la sua tecnica, era quella della litomanzia: sassi da lui effigiati e colorati, i quali a seconda delle disposizione in cui si presentavano, rivelavano all’oracolante e per lui al consultante, frammenti di verità rimosse, tracce di percorsi spezzati, da ricomporre.
Così una sera, dopo cena, ci recammo con Fellini nel piccolo spazio del quartiere Prati – studio, laboratorio, teatrino off – dal nome promettente: La Caverna di Platone, o anche le 99 Chimere, il medesimo nome che Ostuni aveva dato al suo oracolo di sassi. Ostuni aveva predisposto per il Maestro una suggestiva messa in scena, con musica soffusa in sottofondo (Mozart) e undici ragazze sul palco, abbigliate con lunghi pepli, di fronte a leggii che sostenevano ognuno un grosso tomo. Le figure femminili corrispondevano alle divinità del mito da Gea (la Terra) a Medusa, da Afrodite a Era, ad Athena, Diana, Demetra, Proserpina e così via. Ogni volume era composto di cento tavole con un simbolo dipinto su un lato e una frase profetica sull’altro: “Un oceano di 1100 veggenze” – spiegava l’officiante – dalle quali Federico poteva attingere scegliendo a proprio estro la vestale e di conseguenza il testo ad essa collegato.
Fellini benché all’inizio garbatamente recalcitrante, si avvicinò a Proserpina, decimo leggio, e la ‘dea’ trasse l’auspicio indicando la pagina 42. Il simbolo estratto era il Capricorno, il segno zodiacale del regista! E l’oracolo raccontava questa favoletta:
“Un uomo avvertendo il bisogno di aria pura si reca in aperta campagna e provando un profondo benessere smarrisce la nozione del tempo. Scende la sera ma egli non vuole tornare sui suoi passi, raggiunge anzi un casolare lontano e bussa per entrare. Ma nessuno apre: “alt, alt, alt”, risuona più volte dall’interno della dimora inviolabile. L’uomo si adatta a trascorrere la notte seduto sulla soglia, sotto il cielo stellato, e immerso nei pensieri ripercorre mentalmente la propria vita; fino all’alba, che giunge chiara e radiosa. A quel punto, ricolmo di fiducia, egli ritrova se stesso e la via del ritorno.”
C’erano molte coincidenze con le vicende umane e artistiche di Fellini, scriverà in seguito Ostuni in un articolo su Totem (luglio-agosto 2009). In ogni caso le rivelazioni scaturite da quell’incontro assecondarono un’improvvisa, calda amicizia fra l’oracolante e l’oracolato; al punto che a fine serata Federico si fece accompagnare nel suo studio e gli mostrò il famoso e segretissimo Libro dei Sogni.
In una vignetta, datata un paio di settimane prima, veniva praticamente illustrata la storiella dell’oracolo, che pure era stata immaginata e scritta dal veggente con almeno dieci anni di anticipo, durante un suo soggiorno nella casa di famiglia in Basilicata.
Federico, entusiasta, nelle settimane che seguirono non perse occasione per rivedere il nuovo amico, rivelandogli altresì una coincidenza sorprendete: in quello stesso locale di Via degli Scipioni era solito recarsi quando aveva diciannove anni, nel 1939; era infatti la sede della tipografia di un giornale umoristico, il Rugantino, per il quale disegnava vignette a corredo dei testi satirici di Ennio Flaiano. “Mi ci recavo ogni mese e il vecchio tipografo mi dava una lira: era il mio unico guadagno.”
Il sogno “della volta stellata” al quale si fa riferimento risale al 20 agosto 1984. In esso Fellini è sdraiato sull’erba in compagnia del suo vecchio organizzatore Clemente Fracassi, al quale spiega mostrando il firmamento: “Tutto ciò che possiamo fare è tentare di raggiungere la consapevolezza che siamo parte di questo imperscrutabile mistero che è il creato. Ubbidiamo alle sue leggi inconoscibili, ai suoi ritmi, ai suoi mutamenti. Sono misteri tra misteri.” (pag. 414 del Libro dei Sogni, Rizzoli 2007).
Ostuni, rievocando gli episodi, faceva qualche confusione sulle date, ma questo è del tutto giustificabile. Fin dal primo contatto era restato abbagliato da Fellini, come Mosé al cospetto del cespuglio avvolto nelle lingue di fuoco; un bagliore bruciante che lascia frastornati ed estatici, e nel quale Lorenzo aveva continuato a indugiare per il resto della sua vita. Come tra poco verrà chiarito.
Una persona ultrapercettiva, inclinata ai presagi e ipersensibile come lui, abituato a navigare nella dimensione ultrafanica, non poteva sottrarsi alle conseguenze di una esperienza tanto singolare ed enfatizzata. La visione del Libro dei Sogni lo sconvolse, come se gli fosse stato concesso all’improvviso di addentrarsi nelle sfere più rarefatte della conoscenza superiore. A suo giudizio – e come dargli torto! – il Libro dei Sogni era assimilabile al Codice Atlantico di Leonardo: “Un lavoro capillare che ha generato un codice onirico colossale.”
Federico gli chiede di utilizzare i sistemi simbolici da lui creati (le 99 Chimere o le 77 Sfingi) per interpretargli i sogni e Lorenzo, “Lorenzino”, diventa il suo oniromante. “Se Freud e Jung furono i ‘predatori’ del sogno – scrive Ostuni – Fellini ne è stato il ‘prodiere’, una proda per sbarcare nell’infinito: i primi da stimare, il secondo da innamorarsene.”
E così nel progressivo sprofondare in “quella sconfinata galassia intima, in quel fiume carsico di visioni inafferrabili” del grande visionario, il veggente avverte di cominciare a smarginare in un nuovo psichismo: “E’ possibile – si domanda – penetrare il destino dei sogni?” Gli sembra di intuirne l’intensa fascinazione: “Come in uno specchio, capovolgere mostrando e mostrare capovolgendo”.
Dopo aver affrontato la sostanza della divinazione e del sogno, si inoltra “nell’avventura metapsichica, che – confessa – ci ha visti coinvolti entrambi, al di là di noi stessi.”
Già al tempo di quel primo incontro, origine di tutta l’avventura, Fellini gli aveva anticipato:
“Se l’uomo veramente vigile è colui che non si addormenta, il buon sognatore è colui che non si sveglia. E io non mi sono mai svegliato in vita mia.”
Ritorna così il gioco dello specchio: è la vita che riflette il sogno oppure è il contrario?
Lorenzo si mette al lavoro per fare un regalo al Maestro e realizza uno specchio antico sulla cui superficie incide, con mano leggerissima, una figura simbolica che in esso si raddoppia.
Fellini rimane sorpreso da quell’ effetto di rispondenze e citando l’antica sapienza cinese ricorda che “Il Tao è quella cosa che specchia se stesso mentre specchia l’altro.” Prende con sé l’oggetto e lo sistema a casa propria, in via Margutta.
Nel 1980 Fellini dichiara al suo oniromante: “Lorenzino, sono anni che noi viaggiamo in dimensioni invisibili e tu mi fai da pilota… Vorrei stringere con te un patto oltre la vita: il primo di noi due che lascerà il corpo, ritorni indietro il tempo necessario per attestare all’altro la sopravvivenza dell’anima.”
Lo incarica di rintracciare la formula medievale capace di propiziare l’apparizione post mortem. Ostuni si accinge all’impresa consultando le fonti delle scienze occulte; mette in atto la procedura e convoca Fellini in sogno per il rituale segreto della stipula. Il rito occupa la notte intera, e il giorno successivo il regista, ignaro, gli conferma puntualmente il sogno da cui è stato visitato.
Trascorrono tredici anni, il veggente si trova all’estero quando Fellini, ricoverato al Policlinico Umberto I, viene colto dall’ictus a cui non riesce a sopravvivere. Ostuni gli reca l’estremo saluto nella camera ardente allestita al Teatro 5 di Cinecittà.
Ma nel maggio del 1994, sei mesi dopo, entrando di fretta nello studio di via degli Scipioni e superato l’arco che immette nella sala maggiore, ha un soprassalto: Federico è seduto nel suo posto abituale: “Avvicinati, toccami il polso; sono qui, vivo. Ricordi il nostro patto?”
Così lo interpella l’artista, il quale in passato gli aveva confidato di aver trascorso tutta la vita sulla soglia di un Tempio, sbirciandovi dentro ma senza entravi mai. “Sono venuto a dirti che ora sono entrato nel Tempio.” E prima di sparire gli affida alcune rivelazioni di sapienza esoterica che vengono fedelmente riportate nella rievocazione del veggente.
Ostuni non ha più smesso di svolgere la sua instancabile opera di ricognizione nell’arcano. E ha realizzato tanti altri specchi da allora, in cui immagini incise a punta di diamante si inabissano in vertiginose profondità. Autore di molteplici sistemi semiologici, simbologici e letterari tesi alla conoscenza profonda della psiche umana, prima di scomparire a sua volta ha anche creato un Museo del Simbolo unico al mondo, costituito di 12 mila pezzi.
La ‘fecondazione’ di Fellini ha prodotto i suoi frutti.
E’ stato davvero visitato dal fantasma del regista? Perché non crederci. Scrive il poeta Franco Arminio: “Da quando abbiamo smesso di credere all’invisibile e al sacro, tutto il visibile e il profano non ci basta più e ci basterà sempre meno”.