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Nicola Cipolla, protagonista della “Resistenza” meridionale

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Con Nicola Cipolla scompare uno degli ultimi giovani che nel dopoguerra scelsero, da sinistra, il ruolo di costruttori della Repubblica e della democrazia dopo la disastrosa fase della dittatura fascista. Nicola, insieme a Pio La Torre, a Emanuele Macaluso e tanti altri giovani intellettuali e capi contadini e operai, guidati da Girolamo Li Causi, inviato in Sicilia da Togliatti dopo la svolta di Salerno, fu uno dei protagonisti della costruzione della democrazia, dell’Autonomia Siciliana, della Repubblica e del movimento contadino siciliano. Quella “Resistenza” meridionale, che cancellò i residui feudali del sistema economico siciliano difeso dai grandi proprietari terrieri tramite il braccio armato delle mafie e la repressione della polizia scelbiana.

L’impronta di quel movimento era strettamente legata alla prospettiva della via italiana al socialismo. Conquistata la Costituzione del 1948 il problema di quella generazione fu, nel clima di guerra fredda, di attuare i fondamenti della democrazia repubblicana, fondata sul lavoro, sulla rimozione degli ostacoli all’uguaglianza, e sul riconoscimento dell’economia di mercato e del profitto con finalità sociali.

Cipolla, da giovane socialista, si iscrive al PCI coerente ai principi sopracitati, diventa un dirigente della Federterra e della Cgil mettendo insieme braccianti e contadini. Sindaco di Polizzi, deputato regionale, senatore della Repubblica, parlamentare europeo. In ognuno di questi ruoli politici e istituzionali, Nicola porta concretamente il suo impegno di dirigente meridionalista e del movimento contadino. Negli anni ’70 è autore insieme al democristiano De Marzi della legge migliorativa dei patti agrari a favore di mezzadri e compartecipanti. La legge susciterà un grande e rinnovato movimento contadino al quale si contrapporrà la reazione neofascista dei grandi proprietari che sosteneva la crescita elettorale del Movimento sociale (MSI).

L’impegno politico e istituzionale per Nicola rappresenta il motivo esistenziale della sua vita. Da meridionalista convinto, da riformista, sposa sempre l’idea di una trasformazione democratica della società capitalistica, anche dopo il fallimento dei paesi socialisti e il crollo del Muro di Berlino, secondo una linea più di sinistra.

Promotore del circolo Rosa Luxemburg a Palermo, fondatore del “Cepes” su sollecitazione di Pio La Torre che lo vuole ancora insieme nella battaglia per cambiare la Sicilia per la quale si sono impegnati sin dall’inizio, negli anni della seconda guerra di mafia durante i quali La Torre, ritornato in Sicilia come segretario regionale del PCI, perderà la vita.

Nicola, come Pio e tanti altri, non hanno fatto carriera in nome dell’antimafia ma per essere stati dirigenti di massa, popolari senza ostentazioni di privilegi e d’appartenenza a caste. Furono dirigenti del PCI, partito di massa, di lotta e di governo. Furono moderni socialdemocratici, che tali non vollero essere chiamati, respinsero con forza ogni idea antilibertaria in nome dell’uguaglianza, della democrazia e della libertà.


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