La Procura di Istanbul non poteva essere più dura. I magistrati dell’inchiesta che ha portato a processo giornalisti, amministratori e avvocati di Cumhuriyet hanno chiesto la condanna per dieci imputati su diciasette mentre per sette di loro hanno disposto il rilascio, tra cui il vignettista del quotidiano Musa Kart. Liberi anche Mustafa Kemal Güngör, Önder Çelik Güray Öz, Bülent Utku Hakan Karasinir e Turan Güney.
Restano invece in detenzione il direttore Murat Sabuncu, l’editore Akin Atalay, l’opinionista Kadri Gursel e gli avvocati Ahmet Şık, Hakan Kara e Kemal Aydoğdu.
“Questa decisione ha un solo obiettivo, mettere in ginocchio i giornalisti liberi. Tutti i tiranni, con tutti i loro cecchini, sappiano, e lo dico a nome mio ma anche di tutti i miei colleghi imputati in questo processo, che io mai mi sono inchinato se non per baciare la mano di mia madre e mio padre e anche dopo questa decisione continuerò così” è stato l’urlo di rabbia e orgoglio di Ahmet Sik, uno dei più noti collegli turchi.
Si è conclusa così la prima udienza del processoiniziato il 24 luglio a carico di metà dei redattori e dei dirigenti dello storico quotidiano di opposizione finito nel mirino di Recep Tayyip Erdogan per aver pubblicato un’inchiesta su un traffico di armi dirette in Siria, nel 2015, e per i legami con la presunta rete terroristica Feto lo scorso anno.
Se condannati rischiano fino a 43 anni di reclusione con accuse che vanno dalla partecipazione ad attività di terrorismo alla propaganda di gruppi terroristici come il Partito dei lavoratori del Kurdistan e il Fronte Rivoluzionario della liberazione.
Nello specifico i procuratori hanno chiesto dai 7,5 ai 15 anni di prigione Can Dundar (l’ex direttore del giornale che vive in esilio in Germania), Murat Sabuncu, che ha preso il suo posto alla direzione del giornale,
l’opinionista Kadri Gursel e i colleghi Aydin Engin, Bulent Yener e Gunseli Ozaltay, per “aver aiutato un gruppo terroristico armato senza farne parte”.
Più dure le richieste per l’editore di “Cumhuriyet” Akin Atalay, e i membri del Cda Mehmet Orhan Erinc e Onder Celik, che rischiano il massimo della pena.
I giornalisti e gli altri imputati di questo processo non sono stati lasciati soli. La partecipazione in aula, di deputati dell’opposizione, giornalisti, attivisti e operatori nel campo dei diritti umani e all’esterno, con una folla di cittadini che si è radunata fuori dal palazzo di giustizia per portare sostegno e solidarietà, è stata massiccia.
A tutti loro è evidente che è in atto un tentativo del governo di mettere a tacere le voci di dissenso.
Intanto proseguono nel Paese le purghe e gli arresti di coloro che sono sospettati di avere legami con Fethullah Gulen, ritenuto l’ideatore del colpo di stato del luglio 2016.
Tra le oltre mille persone finite in carcere nelle ultime due settimane anche il calciatore Bekir Irtegun, ex giocatore della nazionale turca.
La procura di Istanbul ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti per aver utilizzato l’app per smartphone ByLock, che secondo i magistrati era il mezzo di comunicazione impiegato da decine di migliaia di membri dell’organizzazione per scambiarsi informazioni criptate.
La caccia alle ‘streghe’, nella fattispecie gli oppositori, del Sultano continua.