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Rai, l’inqualificabile trattamento riservato alla giornalista Tiziana Boari

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Rieviamo e pubblichiamo l’interrogazione parlamentare del deputato Francesco Pardi, indirizzata al Presidente e al Direttore generale della Rai in merito alla controversia tra la giornalista Tiziana Boari e la Rai…

  • Al Presidente della Rai
  • Al Direttore generale della Rai  

Premesso che: in data 3 giugno 2004 la signora Tiziana Boari, giornalista professionista dal 1999, si è rivolta al Tribunale civile di Roma, in funzione di Giudice del lavoro, chiedendo di stabilire la nullità delle clausole del termine apposte ai contratti di lavoro da lei stipulati con la Rai dal 28 luglio 1999 al 31 dicembre 2003, l’accertamento della sussistenza di un unico rapporto a tempo indeterminato e, conseguentemente, la condanna dell’azienda a reintegrarla in servizio nonché a corrisponderle, anche a titolo di risarcimento del danno, tutte le differenze di retribuzione dovute; con la sentenza n. 13110 del 6 luglio 2005 il Tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso proposto dalla giornalista Tiziana Boari dichiarando la nullità della clausola del termine apposta ai contratti stipulati e conseguentemente dichiarando l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato secondo quanto previsto dall’art. 1 del contratto di lavoro giornalistico (Cnlg); in data 5 aprile 2007 la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda originariamente proposta dalla Boari. In conseguenza della sentenza d’appello la Rai ha comunicato alla giornalista il venir meno dell’esecuzione della sentenza emessa dal giudice di primo grado, in ottemperanza della quale la giornalista era stata riammessa in servizio, e quindi la cessazione con effetto immediato di ogni obbligo dell’azienda nei suoi confronti. Infine si imponeva alla signora Boari la restituzione degli importi corrisposti in via di provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado; il 13 aprile 2012 la Corte di cassazione ha rinviato la sentenza d’appello al giudice di merito. Nelle motivazioni si apprende infatti come la sentenza d’appello affermasse che i vari contratti a termine intercorsi tra le parti fossero legittimi in quanto basati sul punto 1 dell’accordo sindacale del 5 aprile 1997, che regola la materia in forza della delega alla contrattazione collettiva contenuta nell’art. 23 della legge n. 56 del 1987.  La Corte di Cassazione ritiene fuor di dubbio l’esistenza di un errore nell’indicazione dell’accordo collettivo quale base del giudizio in quanto  tale contratto collettivo riguarda il personale non giornalistico e, ovviamente, non è richiamato nelle lettere di assunzione della sig.ra Boari. La sentenza d’appello ha quindi violato la normativa, legale e contrattuale collettiva che regola la materia nel momento in cui il giudice ha basato la sentenza su di un contratto collettivo non applicabile al rapporto di lavoro tra la Rai e la giornalista; rilevato che: alla solerzia con la quale è stata data applicazione alla sentenza di secondo grado non corrisponde altrettanta immediatezza nel mettere in pratica quella che dovrebbe essere la naturale conseguenza della pronuncia della Corte di cassazione e quindi il reintegro della giornalista. E’ parere dell’interrogante che l’utilizzo di pesi e misure diverse e la discrezionalità con cui la Rai decide circa l’applicazione delle sentenze costituisca grave pregiudizio con particolare riferimento a tutte quelle figure professionali alle dipendenze dell’azienda che, a differenza di altre, non possono contare su una vasta popolarità e sul sostegno dell’opinione pubblica; si chiede di sapere: quali motivazioni possono essere addotte per giustificare il mancato reintegro della Sig.ra Boari; se gli interrogati non ritengano doveroso utilizzare per il reintegro della giornalista la stessa premura usata per il licenziamento.


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