La nostra società liquida – e spesso liquefatta – sembra ignorare il peso della parola. E il mondo digitale, nello specifico i social, in pochi anni ha fatto decadere totalmente il valore delle parole trasformandole sempre più spesso in un pericoloso blob che raccoglie tutto il peggio del peggio. E’ tempo di trovare il coraggio per andare controcorrente, per denunciare l’effetto micidiale della comunicazione digitale senza regole, per contrastare questo stato di cose proprio con la parola, la parola corretta, la parola dignitosa, la parola plurale, la parola libera. Credere che si possano liquidare fatti come la spiaggia di Chioggia e gli insulti antisemiti all’onorevole Emanuele Fiano come aspetti grotteschi o goliardici sarebbe per un errore fatale. Ed è per lo stesso motivo che la proposta di legge per punire come reato la propaganda del fascismo e del nazismo, al di là di alcuni aspetti tecnici da valutare, ha un suo valore per nulla rivolto al passato ma, al contrario, estremamente contemporaneo. Non a caso prevede pene maggiori se la propaganda è diffusa attraverso i mezzi digitali. Le dittature, del resto, il peso delle parole lo hanno sempre ben compreso, come ci insegna da ultimo Liu Xiaobo. Hanno sempre perseguitato chi osava parlare. Le democrazie, invece, almeno quelle di oggi, sono timide, ancora di più adesso, con il mondo governato a suon di twitter, con battute al posto di discorsi, con frasi fatte al posto di ragionamenti argomentati, con slogan al posto di discussioni e mediazioni. Da anni sopportiamo indegne manifestazioni di organizzazioni nostalgiche del fascismo che ben conosciamo anche attraverso quasi tutte le tifoserie organizzate del calcio, ma sottovalutiamo il cambiamento determinato in questo contesto da tutto ciò che è prodotto dal web, purtroppo un moltiplicatore di vergogna e di pericoli per casi come questo. Noi siamo italiani e la storia del nostro paese è segnata tragicamente dalla dittatura fascista. Altre dittature non ne abbiamo avute. Ma quella sì. E dunque basta con il finto buonismo di mettere tutti sullo stesso piano, la domanda da porre è sempre la stessa, quale era la parte giusta? Il rispetto per tutti morti non c’entra assolutamente niente, il richiamo a quelle ideologie invece c’entra molto. A noi giornalisti spetta ancora una volta un impegno importante: nessuna titubanza, nessuna timidezza, nessun tentennamento, si sta dalla parte della libertà e della democrazia. Punto.