Un anno terribile questo 2017. Sembra che i “grandi vecchi” si siano dati appuntamento in un mondo migliore e uno dopo l’altro stanno lasciando questa valle. Ieri è toccato a Giovanni Franzoni, pochi giorni fa ad Ettore Masina, prima di lui a Stefano Rodotà, prima ancora a monsignor Capucci e ad altri grandi che per fortuna escono dalla vita, ma non dalla memoria perché ciò che hanno fatto e che hanno lasciato resta e seguita, almeno lo speriamo, a dare frutti.
Giovanni Franzoni, prima di essere sospeso a divinis per le sue posizioni di decisa critica alla Chiesa intesa come chiesa del potere e per le sue posizioni rivoluzionarie e “spudoratamente” di sinistra circa le libertà civili, era stato apprezzato padre conciliare, tanto che Paolo VI, lo stesso che poi lo avrebbe sospeso e posto allo stato laicale, ne aveva grande stima.
Faceva parte degli uomini (e donne ovviamente) di quella generazione nata verso la fine degli anni “20, che avevano vissuto il fascismo e la guerra da bambini e che a metà del secolo scorso, appena maggiorenni, avevano l’entusiasmo e la spinta al cambiamento capace, ancora dopo altri venti anni, di tenere insieme sogni e progetti della generazione successiva con i sogni e i progetti di chi aveva conosciuto, suo malgrado, il fascismo.
Negli anni “60 era monaco benedettino e questo non gli impediva di impegnarsi per il Vietnam, successivamente sarebbe stato impegnato più o meno per tutte le situazioni tragiche che direttamente o indirettamente erano prodotte dal capitalismo che lui regolarmente condannava. A partire dagli anni “90 si attivò per il popolo iracheno e nel 2005 riuscì ad avere un filmato terribile in cui si dimostrava che gli americani avevano utilizzato la popolazione di Fallujah, e non solo, per sperimentare armi nuove, tremende e ufficialmente vietate. Armi laser e “microonde” oltre all’uranio arricchito e al fosforo bianco di cui poi avrebbero fatto grande uso anche gli israeliani contro la popolazione gazawa.
Insomma anche lui era un uomo scomodo. Scomodo ma con grande carisma e capace di farsi seguire ed amare fino ai suoi ultimi giorni vita.
Chi scrive lo conobbe personalmente solo una quindicina di anni fa, dopo averne letto e sentito per anni. Quando lo conobbi ormai non era più “dom” ma laico e sposato con Iukiko, una giornalista giapponese, gentile e dolcissima, conosciuta in Nicaragua. Abitava a Canneto, in una casa della campagna Sabina, con sua moglie e un certo numero di grandi cani che spaziavano liberamente tra l’esterno e l’interno accogliendo chi andava a trovarlo con una certa affabilità canina che, nonostante le rassicurazioni di Iukiko e sue, incutevano una notevole “soggezione”. Era molto amato anche in Sabina e chi aveva studiato presso i benedettini dell’abazia di Farfa, lo ricorda ancora come l’abate-professore di storia e filosofia. Pur essendo stato importante abate dell’abazia e basilica di San Paolo ed avendo fondato la Comunità in cui ancora un mese fa, quasi cieco, era presente per un incontro sulla Palestina ed aveva preso la parola applaudito come sempre, Franzoni partecipava, compatibilmente con le sue condizioni di salute, ovunque venisse chiamato a parlare di pace.
Attenzione, c’è modo e modo per parlare di pace e sicuramente dom Franzoni non sarebbe stato sospeso dalla Chiesa se avesse parlato di pace in quel modo che non crea problemi a chi si trova in condizione dominante e lascia invariata la situazione di chi chiede giustizia.
Proprio perché Franzoni accettava ogni incontro in cui potesse invitare ad “agire” per la pace tenendola strettamente legata alla giustizia, il 6 agosto del 2006 accettò di partecipare ad una serata organizzata in un piccolo paese della Sabina. Il 6 agosto non è un giorno normale nella storia dell’umanità nata dal XX secolo in poi. Inoltre la moglie di Franzoni è giapponese e lo sapeva molto bene cosa significa quella data. Quindi l’ex abate tenne il suo discorso spiegando che Hiroshima non fu solo uno dei più criminali atti contro l’umanità commessi dagli Stati Uniti per il numero di morti e di contaminati dalle radiazioni con tutto quel che ne sarebbe conseguito, ma fu, verosimilmente, la sperimentazione su popolazione inerme, con la scusa della guerra al Giappone, di un’arma micidiale e quindi un messaggio inviato, tramite i corpi dilaniati di migliaia di innocenti, alle altre potenze mondiali. Aggiungendo che chi fosse stato duro d’orecchi, qualche giorno dopo avrebbe potuto capire il messaggio attraverso il replay su Nagasaki. Fu qui che “dom” Franzoni aggiunse quanto successo a Fallujah, in Iraq, nel 2004, con quelle armi terribili che torturarono e uccisero migliaia di adulti e bambini. Altro esperimento? Può darsi, ma fatto in silenzio ed uscito solo per caso e per il coraggio professionale di alcuni giornalisti italiani e di un ex militare americano.
Franzoni era abituato ad esprimere le sue condanne senza fare sconti a nessun signore di turno. Le cose che disse quella sera in un piccolo paese non aveva problemi a ripeterle in sedi più significative. Perché in fondo, cosa che non va dimenticata, Giovanni Franzoni era stato uno dei più giovani padri conciliari, e del Concilio Ecumenico II aveva realmente raccolto il testimone. Il suo obiettivo morale (ma si potrebbe anche definire Politico in senso nobile) era quello di metterne in pratica i principi. Da qui la critica al capitalismo nonché la denuncia del malaffare tra chiesa e finanza.
Ovviamente le sue idee, essendo idee di giustizia e di condanna del potere che, nei fatti, ne era la negazione, erano idee di sinistra, quando per sinistra si intendeva un dato insieme di valori, gli stessi che Franzoni vedeva in quella che definiva la Chiesa dei poveri antagonista alla Chiesa del potere.
Fu nel 1976 che per le sue prese di posizione pubbliche venne privato dell’abito talare e questo fece godere i giornali della destra italiana che già da un paio d’anni avevano sperato che, viste le incompatibilità col potere ecclesiastico, si sarebbe fatto da parte.
Non si fece mai da parte, Franzoni. Per fortuna! E la Comunità di san Paolo da lui fondata nel 1973 seguita a riunirsi nei locali che lui stesso riuscì ad ottenere tanti anni fa sulla via Ostiense a Roma.
Locali in cui fioriscono centinaia di iniziative sociali e tra queste, da molti anni, numerosissime iniziative a favore del popolo palestinese perché Giovanni Franzoni, al popolo palestinese schiacciato dall’occupazione, dedicava tanta energia e grande passione.
In particolare la situazione vissuta nella Striscia di Gaza sotto assedio da oltre dieci anni, con i massacri periodici commessi dall’esercito israeliano ha rappresentato per lui in questi ultimi anni, un impegno a ridurre almeno in parte le sofferenze di quel milione e ottocentomila persone – di cui un terzo bambini- private, oltre che della libertà, di acqua potabile ed energia elettrica. Fu proprio la CdB di san Paolo a proporre e realizzare, alcuni anni fa, le prime forniture di pannelli solari per fornire energia, indipendentemente dai ricatti israeliani, a uno degli ospedali più grandi di Gaza e per illuminare il porto.
Le accuse di servire i terroristi lo facevano ridere. Ridere, non sorridere, ed essendo un teologo oltre che un predicatore, trovava sempre qualche frase presa dal Vangelo per tacitare i provocatori.
Insomma, se ne va un uomo che ha combattuto tutta la vita contro il potere che provoca miseria e dolore e lo ha fatto con estremo coraggio, come viene chiesto a un cristiano o, come lui stesso si definiva, a un “cattolico marginale”. Reso marginale proprio dalla sua irriverenza verso chi non rispetta il dettato del Vangelo che è stato la sua guida sia da monaco che da laico.