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Renzi ormai tracima

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Interviste fasulle, reclamizza solo il suo libro, si autoelogia. Informazione stracciona, restano fuori i problemi reali, primo fra tutti la povertà assoluta in cui vivono quasi 5 milioni di persone. E gli scriba sorvolano

Di Alessandro Cardulli

Renzi  non lo tiene più nessuno. Parla, parla, assume i toni dell’oracolo. Lui, solo lui, è il detentore della verità e tutti si devono inchinare. Il suo libro, “Avanti”, diventa  motivo di conversazioni, o meglio di soliloqui televisivi, radiofonici, mentre la carta stampata diffonde capitoli in cui la “storia” di questi ultimi anni viene riscritta secondo Matteo, da non confondere con quel Matteo che compare nei Vangeli. Renzi si sentirebbe offeso. Accade così che anche un giornalista che ne ha viste tante, di diversi colori, si trovi in imbarazzo ad intervistare il signorotto di Rignano. È quello che abbiamo avvertito seguendo Mentana, nel difficile compito di  intervistare per più di un’ora il Renzi, ora segretario del Pd. Abbiamo avuto la sensazione che l’ex premier non gradiva parlare di quanto sta avvenendo oggi. Preferiva rileggere in televisione il suo libro. “Come ho scritto nel libro” era l’incipit di ogni risposta. Insomma non si trattava di una vera intervista ma di una lettura ad alta voce, a favore di telecamere, di “Avanti”. Mentana avrebbe dovuto rompere lo schema, invece di un’intervista  giornalistica sembrava una chiacchierata fra vecchi amici. Per esempio sarebbe stato utile conoscere che ne pensava  delle posizioni del ministro Padoan che non voleva neppure commentare il “piano” descritto su “Avanti”, in netto contrasto con le posizioni assunte dal governo. Non solo, sia Padoan che i Commissari Ue hanno detto a chiare lettere che a loro di quello che diceva Renzi non interessava, lui era un estraneo agli organismi europei. Insomma quasi dicevano che neppure lo conoscevano.

L’intervista con Mentana: una chiacchierata vecchio stampo, tipo caminetto

Così qualche domandina Mentana la poteva fare  quando Renzi-Avanti magnificava le sorti della politica del “suo” triennio. Per esempio perché siamo il fanalino di coda fra i paesi dell’Eurozona in quanto a crescita, disoccupazione, quella dei giovani in particolare, debiti. E quando il segretario del Pd ha parlato degli 800 mila occupati in più grazie al “suo” jobs act si poteva chiedere quanti erano i contratti a tempo indeterminato. Ma l’intervista al caminetto aveva un altro taglio, era nata da accordi che ne limitavano il perimetro. Per esempio perché nel “trionfo” dei bonus rivendicato da Renzi, carne del suo corpo, non si è fatto presente che per quanto riguarda la povertà non si è mosso un chiodo. Chi era povero è rimasto povero, chi era ricco è diventato più ricco. Già qualche mese fa l’Istat, l’Istituto che ci dà i numeri, aveva fornito un quadro drammatico della  situazione. A Renzi poteva essere fatto presente. U n quadro che ha trovato conferma. Chi era povero nel 2016 non ha visto mutata la propria situazione. Istat ha reso noto che sono un milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui. La povertà aumenta al Centro ed è in crescita tra le famiglie più giovani e i minori. Un dato che rispecchia l’alto livello di disoccupazione giovanile e i più bassi salari. Se una famiglia ha più di tre figli la povertà cresce. Il livello più alto mai raggiunto dall’inizio delle serie storiche, anno 2005 e il doppio rispetto al 2007, ricordano le associazioni dei consumatori.

I poveri restano poveri. Anzi no, diventano sempre più poveri

Poi è arrivato il 2008 e la crisi economica. Guardando al 2015 si rileva una sostanziale stabilità della povertà assoluta in termini sia di famiglie sia di individui. L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie è pari al 6,3%, in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Per gli individui, l’incidenza di povertà assoluta si porta al 7,9% con una variazione statisticamente non significativa rispetto al 2015 (quando era 7,6%). Nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con tre o più figli minori, coinvolgendo nell’ultimo anno 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui; aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5% (1 milione e 292mila nel 2016). Anche l’incidenza della povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2015 in termini di famiglie (da 10,4 a 10,6%) e di persone (da 13,7 a 14,0%): una stabilità è confermata anche nelle diverse ripartizioni territoriali.

Dislocazione, rapporto vecchi e giovani, titoli di studio

Interessante vedere la dislocazione territoriale della povertà assoluta, il rapporto fra vecchi e giovani, i titoli di studio. Per quanto riguarda il Centro Italia sia in termini di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell’anno precedente) è al centro che aumenta la povertà. A proposito di vecchi e giovani, Istat rileva che persiste, a partire dal 2012, la relazione inversa tra incidenza di povertà assoluta e età della persona di riferimento (aumenta la prima al diminuire della seconda). Il valore minimo, pari a 3,9%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%). Un valore triplicato rispetto al 2005. In netto peggioramento anche la povertà tra i minori. Il titolo di studio ha un particolare valore, l’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata. La posizione professionale della persona di riferimento incide molto sulla diffusione della povertà assoluta. Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, l’incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti. Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e ritirata dal lavoro (3,7%).

“Da tale scenario emerge chiaramente quanto sia necessario ed urgente, per il Paese, avviare una redistribuzione dei redditi in grado di colmare i forti divari esistenti”, dichiarano Emilio Viafora e Antonio Tanza, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “Le misure di contrasto alla povertà devono essere accompagnate da politiche di welfare efficaci, oltre che da azioni mirate ad incrementare l’inclusione nel mondo del lavoro. La disoccupazione, infatti, rappresenta uno dei fattori decisivi nella determinazione della condizione di povertà, anche se, purtroppo, non è l’unico”, concludono i presidenti delle due associazioni dei consumatori.

Da jobsnews

 


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