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“Rottamati dal Pd. Renzi lancia un nuovo giornale e dimentica i lavoratori de l’Unità”

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«Rottamati dal Pd. Renzi lancia un nuovo giornale e dimentica i lavoratori de l’Unità».«Senza stipendio e senza cassa integrazione». Sono le finte prime pagine del quotidiano fondato da Antonio Gramsci che giornalisti e poligrafici hanno sventolato sabato primo luglio in piazza Santi Apostoli a Roma, alla manifestazione di “Insieme” con Giuliano Pisapia. Quei titoli a caratteri cubitali riassumevano la situazione paradossale dei redattori e dei tecnici: senza stipendio da due mesi e senza che l’azienda abbia avviato le trattative per la cassa integrazione. Ciò significa redditi pari a zero e situazioni familiari insostenibili. Anche di qui la rabbia e il senso di un’ingiustizia subita, immotivata e vissuta anche come il tradimento di una testata rimasta sempre a fianco dei lavoratori.

Il «nuovo giornale» è l’ultima sorpresa uscita dal cappello dei vertici del Pd: la pubblicazione in formato digitale di un suo quotidiano che ogni giorno deve raccontare il partito e diretto dall’ex condirettore de l’Unità (da settembre 2016 all’inizio 2017 con Sergio Staino direttore) Andrea Romano. Slegato da l’Unità, il quotidiano digitale viene pubblicato sul sito Unita.tv che, è bene ripetere, è un blog, non una testata giornalistica regolarmente registrata, non dipende dalla proprietà del giornale Unità srl bensì dalla Fondazioe Eyu la quale appartiene al Pd. E questo è avvenuto quando i giornalisti del quotidiano cartaceo hanno segnalato fin dal 2015 che a l’Unità serviva un suo sito d’informazione. Nonostante le insistenti richieste e le proposte, quel sito non è mai stato varato.

Qualcuno dirà: perché chiamate in causa Renzi? Cosa c’entra? C’entra, c’entra.

Pochi giorni fa il segretario Dem in una video intervista a Massimo Giannini su Repubblica.it aveva dichiarato che il suo partito non ha nulla a che fare con la proprietà de l’Unità. L’affermazione non corrisponde affatto al vero. I Dem hanno avuto e detengono tuttora il 20% della proprietà (l’80% è della Piesse di Pessina-Stefanelli) e soprattutto hanno deciso fin dal ritorno in edicola, il 30 giugno 2015, chi era il direttore. Il partito ha quindi indicato la linea editoriale e la rotta. Non sembra poco. Tuttora il Pd detiene la sua quota e non può lavarsene le mani. Tra il partito e il gruppo Pessina-Stefanelli i rapporti si sono deteriorati, come attestano peraltro i commenti non proprio cordialissimi della Piesse verso Andrea Romano. Se tra le parti è in corso una guerra, ne fanno le spese in primo luogo 35 famiglie di redattori e poligrafici de l’Unità. La speranza è che le trattative partano al più presto per approdare alla cassa integrazione. Tuttavia il discorso è più ampio: qui non viene calpestata soltanto la dignità di un gruppo di persone, viene calpestata una lunga e ricca storia collettiva che non può finire così.


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