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Sinistra. È tempo di costruire, invece, un forte (Corbyn docet) programma comune

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La piazza Santi Apostoli di sabato primo luglio ci ha detto qualcosa, che va ben al di là dei proponenti. Al di là, dunque, di Giuliano Pisapia, invocato come federatore della sinistra, ruolo che forse esigeva la capacità-volontà (mancata) di raccordarsi con l’assemblea del teatro Brancaccio. Ma su questo ci sarà modo di verificare dal vivo nelle prossime settimane. Se non si arriverà ad una lista unica per il prossimo appuntamento elettorale, non sarà tanto è solo un ceto politico a pagarne le conseguenze, bensì una vasta area di disagio che chiede rappresentanza. Ma torniamo alla piazza. Dava l’idea del pienone, ancorché prudentemente il palco avesse diviso a metà il luogo storico dell’Ulivo. Soprattutto, però, la composizione delle presenze era interessante: un pezzo dell’universo del partito democratico, deluso e in uscita.

Qui sta il valore (e il limite) della manifestazione, persino a prescindere dai contenuti manifesti espressi. In verità, poco di nuovo e certamente meno di quello che serve per progettare un’alternativa. Peccato davvero che il confronto con lo spirito del Brancaccio sia stato eluso. Nell’affollatissima iniziativa promossa da Anna Falcone e Tomaso Montanari c’erano diverse novità in più: giovani, movimenti, associazioni pieni di passione. Due facce della stessa medaglia? Non ancora, ma lì bisogna arrivare. Comunque, guai a non cogliere le particolarità positive dei diversi affluenti del fiume. La disaffezione cresciuta esponenzialmente ci ammonisce sull’assurdità di vecchi, logori e grotteschi tatticismi. È tempo di costruire, invece, un forte (Corbyn docet) programma comune, che dalle due manifestazioni è forse possibile estrarre con uno sforzo straordinario,  in una situazione straordinaria.            


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