A 84 anni ci ha lasciato Stefano Rodotà. È stato per noi una guida e un maestro. Ci ha insegnato a difendere i diritti civili e sociali senza cadere nell’opportunismo di chi è pronto a barattare i principi per il potere. Ha vissuto con la Costituzione nel cuore e ha amato come pochi altri l’Articolo 21 della Costituzione. Ripubblichiamo una delle tante interviste che ha rilasciato ad Articolo21 alla vigilia di una manifestazione a difesa della Costituzione
di Stefano Corradino
In piazza per la Costituzione. Da dove nasce questa esigenza, o meglio questa pulsione civile?
L’iniziativa in realtà ha un’origine precisa rintracciabile nella manifestazione che facemmo il 2 giugno scorso a Bologna, a cui parteciparono Libertà e Giustizia, Articolo21 e decine di altre associazioni. Allora – e oggi – c’era la sensazione che fosse necessario difendere la Costituzione dai tentativi di riformarla nel modo sbagliato, saltando le regole di garanzia e stravolgendo i contenuti.
Tuttavia quello che ha messo insieme noi e altri non è solo questo ma la consapevolezza che, oltre ai metodi tradizionali per difendere la Costituzione (appelli, raccolte di firme) fosse necessario far risaltare l’esistenza di tanti soggetti sociali e civili la cui azione quotidiana è già improntata alla difesa della Costituzione.
Lei, Landini e Don Ciotti, siete tra i principali promotori. Soggetti con biografie, storie e modalità di impegno diverse. Cosa accomuna un giurista, un sindacalista e un prete antimafia?
Penso che Libera, la Fiom, o il Movimento per l’acqua pubblica siano dei soggetti vincenti. Perché si rifanno alla Costituzione. Don Ciotti dice pubblicamente “io ho in mano due testi: il Vangelo e la Costituzione”. Con la sua battaglia difficilissima per la legalità, fatta in modo concreto e non astratto dimostra di essere vincente. La Fiom è arrivata fin davanti alla Corte Costituzionale per far riconoscere il diritto alla rappresentanza sindacale. Non lo ha fatto solo per i suoi iscritti ma ha vinto una battaglia per tutti i lavoratori e per tutti i sindacati. Il Movimento per l’acqua pubblica, che sarà presente in piazza. ha portato a votare 27 milioni di persone contro la privatizzazione dell’acqua e contro il nucleare. Poi ha difeso i risultati del referendum chiedendo alla Corte costituzionale che non fossero stravolti. Tutto questo in nome nella Costituzione.
Cosa temete maggiormente dei tentativi in atto di riforma costituzionale?
L’accentramento dei poteri, e quindi la diminuzione del ruolo del parlamento e della rappresentanza; la personalizzazione del potere… Sono strade che riteniamo inopportune e pericolose. E stravolgere le regole sulle modalità di riformare la Costituzione è rischiosissimo perché altri, un domani, con spirito diverso, potrebbero invocare questo precedente dicendo “è stato già fatto, anche questa volta possiamo saltare la procedura costituzionale prevista dall’art.138…”
“Povertà e diseguaglianze” sono due punti principali del Manifesto “La Costituzione via maestra”
In una società in cui sembra contino soltanto gli imperativi economici è indispensabile ricordare che, nella Costituzione, i principi fondamentali sono i diritti, la priorità del lavoro, la dignità delle persone, l’eguaglianza tra i cittadini. Oggi più che nel passato. Il rapporto dell’Istat che rivela l’esistenza di 14 milioni di persone povere in Italia è agghiacciante. Significa il 22% della popolazione, un italiano su cinque. Vuol dire che c’è un problema di eguaglianza, di dignità e di ripartizione delle risorse che deve essere affrontato in modo prioritario.
L’Italia da anni è maglia nera in Europa nella libertà di informazione. Ne consegue che anche l’articolo 21 della Costituzione è ben lontano dall’essere applicato. Quali sono le cause e come si risale la classifica?
Risalire questa triste graduatoria è un’impresa difficile. Le cause le conosciamo tutti ma è sempre opportuno ricordarle: in questi anni si è accettato, e ci si è visti imporre, una logica del sistema televisivo dominata da un monopolista privato, insidiato solo parzialmente negli ultimi anni da la7, e non sappiamo ancora per quanto. Quel monopolista privato, cioè Silvio Berlusconi, ha usato il suo potere politico ed economico per esercitare il controllo dell’informazione privata e pubblica (due reti su tre). E negli anni precedenti il servizio è diventato sempre meno “pubblico” perché non doveva dare fastidio all’impresa berlusconiana in questo settore… Poi naturalmente ci sono tutti gli altri problemi legati alla stampa che si è vista ridurre, attraverso una serie di meccanismi molto distorti, la possibilità di avere accesso alle risorse pubblicitarie, e ciò ha penalizzato soprattutto i giornali minori. Il complesso di tutti questi e altri fattori ha causato il deperimento della qualità dell’informazione.
E’ salito a 300 il bilancio dei corpi ritrovati nella strage di Lampedusa. Se la Costituzione in questi anni, anche sul tema dell’immigrazione, fosse stata realmente applicata, avremmo potuto evitare la tragedia?
Sul fronte dell’immigrazione abbiamo sbagliato tutto in questi anni, usando scorciatoie come la “Bossi-Fini” piuttosto che politiche di più ampio respiro. Abbiamo scelto di considerare l’immigrazione come un fenomeno di ordine pubblico da controllare con misure di polizia, introducendo il reato di immigrazione clandestina, piuttosto che seguire il filo costituzionale, il rispetto dell’altro e della dignità delle persone. Ci si è vantati degli accordi per i respingimenti e quando i migranti sono stati rispediti in Libia nessuno si è preoccupato di verificare che donne e uomini venivano confinati in condizioni terribili nel deserto. Abbiamo considerato l’altro un nemico, l’immigrazione un problema da allontanare e non da governare.
In 12 ottobre in piazza per difendere e applicare la Costituzione. E dal giorno successivo?
L’idea è quella di provare a mettere insieme tutti questi soggetti sociali e civili sensibili sulla giustizia, l’eguaglianza, la lotta alla criminalità, la libertà di informazione. Dare così possibilità di espressione a tutti coloro che si riconoscono nella speranza di un altro mondo, concretamente, possibile. Fare massa critica, fare “rete”, affinché la politica italiana, immiserita negli scontri che conosciamo, possa tornare “politica costituzionale”.