Il renzianissimo Gutgeld: ne abbiamo risparmiati ben 30. Istat fa diminuire la povertà. Tutte balle elettorali. Autogol di Michele Serra
Di Alessandro Cardulli
Che domenica si vota per i ballottaggi non trova grande spazio sui media. Nelle pagine di cronaca dei giornali locali la “sfida” per l’elezione dei sindaci ha un qualche risalto, ma in generale il ritorno alle urne di milioni di italiani viene tenuto sotto tono. O meglio del voto quasi non si parla, ma si avverte il fruscio degli euro. Un segnale molto chiaro rivolto ai votanti da parte in particolare del Pd, dei suoi uomini e donne di governo, impegnati in una campagna, mordi e fuggi, per dimostrare ai cittadini che le politiche di questi tre anni, i mille giorni di Renzi Matteo, ora anche quelli di Gentiloni, hanno dato i loro frutti.
Gentiloni. La ripresa è ormai cosa fatta. La crescita in Eurozona è cosa fatta
La ripresa ormai è cosa fatta, in Europa e in Italia come ha detto l’attuale presidente del Consiglio parlando ai senatori in vista del prossimo Consiglio europeo. “Doveva essere un anno orribile per la Ue, ma le previsioni non sono state del tutto rispettate”, ha detto Gentiloni con una punta di ironia, cosa per lui non facile. Ha ricordato l’impatto Brexit, (“più che campana a morto, potente sveglia per il progetto”), la crisi migratoria, il diffondersi di scetticismo verso il progetto europeo ma “la crescita in Eurozona è stata migliore del previsto”. Dimentica che noi siamo l’ultima ruota del carro. Ma non fa niente. “Non deve essere soffocata dalle regole – ha proseguito – l’Europa deve cambiare, dobbiamo avere la forza per cambiarla”. Già ma come? Non lo dice, neppure una parola. Mentre Renzi Matteo strillava, il Gentiloni sussurra ma il risultato è il solito: solo parole, per dire che l’Italia ha giocato un ruolo importante, che la ripresa della nostra economia ha dato un contributo essenziale. Un discorso, scopertamente in chiave elettorale. Così come, guarda caso, un giorno dopo l’altro si susseguono statistiche, interventi di questo o quel ministro, Padoan in testa, i quali ci descrivono l’Italia come un paradiso terrestre. Non solo, torna a parlare, un certo Yoram Gutgeld, commissario alla spending review, renziano di ferro, il quale era scomparso dallo scenario. Si fa vivo e racconta, presenti Gentiloni e Padoan esultanti, il primo Rapporto annuale sulla spending review secondo cui la riduzione della spesa conseguita al 2017 rispetto al dato 2014 ammonta a trenta miliardi di euro. Insomma un miracolo renziano, i mille giorni, di cui si è giovato anche il suo successore a Palazzo Chigi. Racconta chi ha assistito alla presentazione del rapporto che Padoan non stava più nella pelle e Gentiloni pensava a come il Pd poteva utilizzare in questi ultimi giorni di campagna elettorale questo “successo”, guarda caso, merito del “Sistema Consip”, meglio noto per le vicende giudiziarie di questi mesi. Leggendo il rapporto si scopre che questi trenta miliardi sono una favola. Non si può considerare risultato di una politica di risparmio il fatto che da oltre otto anni il contratto dei dipendenti pubblici, alcuni milioni di persone sia bloccato. In realtà i risparami reali fatti in questi anni ammontano a poco più di tre miliardi, i cui effetti si avvertiranno nel 2018. Ma in campagna elettorale tutto fa brodo. I ministri Padoan e Poletti annunciano una paccata di euro in arrivo, si scopre che diminuisce l’indice della povertà.
Non solo si raccontano favole. Il vero bugiardo deve avere anche memoria
Non solo si raccontano favole, ma non sono capaci neppure di dire bugie questi renziadi, ministri, economisti in posti di potere come Gutgeld. Il vero bugiardo deve avere una memoria di ferro. Per esempio dovrebbe ricordare che solo neppure un mese fa il debito pubblico registrava un nuovo record, ad aprile era stato pari a 2.270,4 miliardi, in aumento di 10,1 miliardi rispetto al dato di marzo. Lo comunicava Bankitalia spiegando che “l’incremento è dovuto al fabbisogno mensile delle Amministrazioni pubbliche (5,5 miliardi) e all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (per 3,9 miliardi, a 58,5; erano pari a 64,7 miliardi alla fine di aprile 2016) e all’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del tasso di cambio (0,7 miliardi)”. “Guardando alle istanze pubbliche nelle quali si forma lo stock di indebitamento-scriveva Bankitalia- a livello centrale è aumentato di 9,6 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è aumentato di 0,5 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato”. Non solo, il rapporto debito/Pil non accennava ad un ridimensionamento. Allora dove sono finiti quei 30 miliardi di cui parla il commissario alla spending? Non ci sono, si tratta solo di operazioni, diciamo“matematiche”.
Non è dignitoso utilizzare a fini di propaganda milioni di famiglie povere
Per quanto riguarda l’indice di povertà siamo al ridicolo. Non è dignitoso “usare” a fini di propaganda, la più vergognosa, milioni di famiglie, di cittadini che vivono in condizioni di grande sofferenza, non hanno alcun reddito, non hanno lavoro. Istat rende noto che la misurazione dello stato di povertà passa da 19,2% a 18,4%. Certo non una gran cosa, ma non si capisce come, in circa un mese, i dati cambiano. Si dice in base ai bonus, all’aumento della 14° ai pensionati (ma l’aumento è arrivato solo qualche giorno fa ndr), l’assegno di inclusione ancora da erogare. Entrando nel merito dei dati si scopre che quello zero virgola qualcosa, di fatto, riguarderebbe gli anziani. Per i giovani 15-24 anni l’indice di povertà passa da 19,7 a 25,3 e per la fascia 25-34 anni dal 17,9 al 20,2.
Una risposta all’autore de L’Amaca viene dagli operai dell’Ilva
Già che ci siamo rendiamo noti alcuni dati relativi ai cittadini italiani che emigrano in altri paesi, Germania, Gran Bretagna, Francia in testa. Non ne parlano né Renzi, né Gentiloni, né Padoan. Dal 2008 al 2016 i nostri migranti sono stati 509 mila. E il ministro dell’economia ha il coraggio di dire che da oltre tre anni la nostra economia sta migliorando. Ci può credere, o meglio far finta di crederci l’editorialista numero uno di Repubblica, Michele Serra, visto che la sua rubrica, l’Amaca, è addirittura posizionata sopra la testata. Polemizza con Montanari, firmatario con la Falcone dell’appello per costruire una lista di sinistra. Si chiede, il Serra, “da quell’uomo semplice che sono, dove diavolo volete trovare i voti per contare qualcosa, visto il vostro tentativo di fare a meno del Pd”. E predice: “Andrà a finire con l’ennesimo flop”. Noi non abbiamo la sfera magica. Qualche giorno fa abbiamo visto un servizio televisivo con interviste ai lavoratori dell’Ilva. Tutte persone che avevano votato Pd, Pci prima. Ora hanno disertato le urne. Speriamo che Serra in una delle sue amache parli di questi operai. Ce ne sono tanti, tantissimi come loro.