La coerenza e l’impegno di Papa Francesco contro mafia e corruzione fa un balzo in avanti con l’annuncio che presso il “Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale” è in elaborazione un testo per la scomunica dei colpevoli latae sententiae cioè automaticamente, senza alcun processo. È altresì importante sottolineare come il pronunciamento esplicito formulato da Francesco nel giugno del 2014 a Cassano allo Jonio sia stato accompagnato dall’invito a “lavorare tutti insieme, cristiani, non cristiani, persone di tutte le fedi e non credenti, per combattere questa forma di bestemmia, questo cancro che logora le nostre vite”.
Saper parlare a tutti, credenti e non credenti, laici e religiosi, è la cifra del Papa gesuita che cerca di interpretare la modernità della società per adeguarvi il messaggio evangelico secondo la rinnovata interpretazione del Concilio Vaticano secondo. Rimangono aperte, tuttavia, alcune questioni relative alla formazione seminariale dei religiosi e ai comportamenti corretti delle chiese locali. La rivoluzione culturale sostenuta da Papa Francesco esclude categoricamente ogni alibi per i religiosi a contatto con le persone ma anche per tutti i cristiani che non potranno nascondersi dietro il muro dell’indifferenza, dell’ignoranza, dell’omertà. In breve non potranno essere ignorati gli inchini delle processioni, le prime panche assegnate ai mafiosi, i battesimi, i matrimoni, i funerali di mafiosi e dei loro familiari, usati come forma di esibizione di potere che si avvale del consenso della Chiesa e del popolo. D’ora in poi, per tutta la Chiesa, ciò non potrà più essere tollerato. Si rafforzerà quel campo di collaborazione, sinora minoritario, tra laici e religiosi, per il contrasto alla mafia e alla corruzione in ogni angolo del paese e del mondo.
Ma l’impegno di Francesco è anche una oggettiva sollecitazione a tutte le classi dirigenti perché non sottovalutino gli effetti perversi della corruzione e delle mafie, sulla relazione fiduciaria tra cittadini e classe dirigente e sul modello di sviluppo economico e sociale. Un modello costruito sulla diseguaglianza che accresce povertà, corruzione, favorisce la proliferazione di comportamenti criminosi, di prevaricazione e di individualismi che non riconoscono alcun principio di solidarietà umana e sociale. È una grande lezione etica per tutta la politica. Il contrasto a mafia e corruzione deve essere preventivo e non solo repressivo. Sul terreno repressivo certamente il nostro paese dispone ormai di un bagaglio rilevante di norme legislative, di esperienza giurisprudenziale e processuale. Non possiamo dire che la stessa preminenza abbia, sulle scelte governative, una politica ordinaria preventiva. Basti pensare che dopo due anni e mezzo le pur limitate modifiche di adeguamento del Codice antimafia, sollecitate da un vasto arco di forze istituzionali e sociali comprendente anche il Centro Pio La Torre, non sono state ancora calendarizzate per essere approvate dal Senato, né è stata approntata la norma per estendere ai colpevoli di corruzione la confisca dei beni proventi di reato. Così come nemmeno si parla più di Procura europea antimafia, di Codice unico antimafia, di regolamentazione europea del reato di associazione mafiosa.
La battaglia per sconfiggere mafia e corruzione è dunque ancora tutta da combattere, ma da ora in poi sappiamo che potremo contare sull’impegno etico della Chiesa.