Non sarà per nulla facile conciliare le riottose e molteplici anime della sinistra. La manifestazione della CGIL, ieri a San Giovanni, riuscita nonostante il caldo infernale, e l’assemblea odierna, convocata al Teatro Brancaccio da Anna Falcone e Tomaso Montanari, anime della cosiddetta sinistra del NO al referendum, ci dicono con chiarezza che i punti in comune sono assai più degli aspetti divisivi. Fatto sta che la conosciamo bene la sinistra italiana e, pur amandola e dedicandole buona parte del nostro tempo e delle nostre energie, non possiamo non metterne in evidenza i limiti e le pecche.
Se la piazza di ieri è stata consacrata dal sindacato di Susanna Camusso all’orgoglio di un popolo che si è visto scippare il referendum sui voucher, per poi subirne la gravissima reintroduzione sotto mentite spoglie, al punto che si potrebbero configurare addirittura dei profili di incostituzionalità del provvedimento la sinistra di lotta che si è incontrata oggi al Brancaccio ha evidenziato molte buone idee e un eccesso di frammentazione.
Se la metà delle sigle presenti, fra partiti, associazioni, gruppi e gruppetti vari rappresentassero effettivamente una soggettività politica all’interno del Paese, infatti, sarebbe possibile dar vita non ad una sinistra dotata di una sana cultura di governo bensì alla presa del Palazzo d’Inverno! Peccato che questi innumerevoli rivoli di un’idea nobile e della quale si avverte, più che mai, il bisogno rappresentino, nei fatti, unicamente le proprie aspirazioni e, in alcuni casi, la propria voglia di protagonismo, inteso anche in senso positivo, rendendo assolutamente necessario un processo di aggregazione cui speriamo di assistere nei mesi a venire.
Bando ad ogni forma di settarismo: le critiche e i fischi cui è stato sottoposto Gotor e il gruppo di Articolo Uno e alcuni passaggi della pur buona relazione di Montanari inducono un osservatore appassionato e interessato come il sottoscritto a consigliare a questi amici e compagni di rivedere le proprie posizioni, in quanto non si può bollare, di fatto, come fallimentare l’intera stagione ulivista. Certo, il pacchetto Treu è stato un disastro, al pari di alcune privatizzazioni e di alcune mancate riforme, e non c’è dubbio (lo ha evidenziato lo stesso Gotor nel suo discorso) che la trentennale subalternità della sinistra ai dogmi del liberismo selvaggio ne abbia minato la credibilità e compromesso sensibilmente l’azione di governo.
Va anche detto, tuttavia, che non si uscirà dal baratro in cui ci ha sprofondato il berlu-renzismo accentuando i punti di contrasto fra di noi e puntando su una purezza identitaria che, oltre ad apparire sostanzialmente ipocrita, è anche del tutto fuori luogo, specie in un contesto economico e sociale in cui solo una sinistra unita, plurale, aperta e in grado di coniugare la cultura politica di partiti rifondati e il meglio del civismo e di quanto si muove nella società può garantire un domani alle nuove generazioni.
A tal riguardo, davvero positivo è stato, sia ieri che oggi, l’attivismo dei giovani: in piazza con la CGIL, in difesa della scuola, dell’università, dei beni comuni e contro la barbarie dei voucher e del precariato esistenziale; in prima fila oggi, con appelli e discorsi pienamente condivisibili e sanamente costruttivi, a dimostrazione che in questo abisso trentennale è cresciuto comunque un fiore di riscossa che sarebbe folle lasciare appassire.
Non sappiano ancora né quando né come si tornerà alle urne, con quale legge elettorale e quali formazioni politiche e consigliamo caldamente al pur valido avvocato Pisapia di superare le ambiguità di un percorso che sinora non è stato esaltante, essendosi lasciato coinvolgere in maniera eccessiva dai giochi di potere di un renzismo ormai in rotta, senza ascoltare fino in fondo né, meno che mai, proporsi di offrire una rappresentanza compiuta alle ragioni di un centrosinistra cui non basta la memoria storica e la pur evocativa piazza ulivista di Santi Apostoli per tornare a parlare ai dannati della globalizzazione.
Allo stesso modo, come detto, consigliamo agli amici e compagni del Brancaccio di evitare di farsi ammaliare dalle pericolose sirene del minoritarismo e di distinguere bene le funzioni di un salutare gruppo di pressione da quelle di un partito politico, onde evitare di compromette la vitalità e le prospettive di entrambi.
Tutto ciò premesso, sembra che si marci finalmente nella direzione giusta, in questa calda e decisiva estate della sinistra e di un’Italia in bilico fra il rilancio e il declino definitivo, stavolta senza possibilità d’appello.