80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

L’Italia s’è arresa, la Francia si arrenderà

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Capisco che sia dura, nel giorno in cui si celebra il ventennale della scomparsa di papa Wojtyla, andar contro uno dei suoi appelli più celebri e signigicativi; fatto sta che oggi è davvero difficile non avere paura. Abbiamo paura, infatti, di moltissimi aspetti della contemporaneità, a cominciare dalle guerre. Le guerre in atto in Ucraina e in Medio Oriente, la guerra commerciale scatenata da Donald Trump a suon di dazi e adesso anche la guerra civile che potrebbe esplodere in Francia in caso di mancata ammissione di Marine Le Pen alle prossime Presidenziali. Intendiamoci: se è colpevole dei reati che le vengono contestati, ossia una mega-frode ai danni del Parlamento europeo, è giusto che la sua carriera politica si concluda qui. Scinciamo, tuttavia, l’aspetto giudiziario da quello istituzionale, per quanto l’impresa sia ardua, altrimenti rischiamo di ripetere, in salsa transalpina, gli errori che abbiamo commesso per trent’anni in Italia con Berlusconi. E sbaglia anche l’ottimo Gilles Gressani quando espone il pericolo che, una volta saltato tutto, oltralpe venga fuori una sorta di Cavaliere francese: spunterà qualcosa di assai peggiore. Berlusconi, difatti, era figlio dell’edonismo reaganiano, degli opulenti anni Ottanta, dell’eredità craxiana; il suo eventuale epigono francese nasce in quest’epoca segnata dai conflitti, dalla miseria, dalla disperazione. È difficile, dunque, che possa emergere un moderato, o sedicente tale, anche perché in questa stagione è l’estremismo a regnare sovrano pressoché ovunque. E allora, cosa aspettarsi dopo la condanna di Le Pen? L’ascesa di Bardella è probabile, ma non bisogna escludere nemmeno un’eventuale avanzata di Zemmour, ossia dell’estremismo più feroce e disumano. Del resto, siamo davvero entrati nella Sesta Repubblica: l’età senza regole, senza freni, senza dignità, la stagione in cui è diventato possibile anche ciò che un tempo sarebbe stato impensabile, a cominciare dall’ascesa di un alfiere del liberismo selvaggio nella patria dei lumi e dello Stato sociale. Diciamo che Macron ha fatto da apripista alla barbarie e il resto è venuto da sé. E ribadisco: sbagliano coloro che continuano a pensare e a scrivere che il “barrage” repubblicano possa tenere ancora perché non è vero, a meno che la sinistra non compia un miracolo.
Abbiamo aperto questo articolo ricordando papa Wojtyla: pur non essendo certo un progressista, gli va dato atto di essersi battuto strenuamente contro le guerre di Bush, in particolare contro la carneficina irachena. Ebbene, la destabilizzazione dell’Occidente parte da lì, trovando il proprio compimento nella mattanza contemporanea, di cui purtroppo Macron sembra essere uno dei principali sostenitori. Lo desumiamo dal suo desiderio di continuare a inviare armi a Zelens’kyj, dalla sua proposta di inviare addirittura delle truppe sul territorio ucraino, portandovi di fatto quella NATO che Putin ha lasciato chiaramente intendere di non tollerare ai propri confini, e da tutta una serie di atteggiamenti che lo rendono uno dei personaggi più invisi d’Europa, come dimostrano le innumerevoli manifestazioni avverse che ha subito nel corso degli anni. Veramente qualcuno pensa che un simile soggetto possa essere seguito da un moderato o da un liberale, nella fase storica che stiamo vivendo? Pie illusioni. Peccato che, come sosteneva Biagi fin da quando aveva vent’anni, se cade la Francia, cade la civiltà. La Francia, infatti, ancor più degli Stati Uniti, è la vera chiave di volta dell’Occidente, la custode dei suoi valori e dei suoi ideali. Quando nella terra che ci ha fornito i concetti di libertà, uguaglianza e fratellanza si diffonde la furia bellicista, è chiaro che c’è poco da fare.
Parigi brucia e, in caso di ineleggibilità di Marine Le Pen, la sensazione è che possa salire al potere soltanto una personalità ancora più controversa, specie se si considerano il collasso epocale del fu Partito socialista, per di più oggi nelle mani di un gruppo di guerrafondai che nulla ha a che fare con la storia di quella compagine, e il ruolo ancillare che ricopre ormai il fu partito gaullista, il cui ultimo esponente degno di questo nome è stato Chirac.
Possiamo scagliarsi contro la jacquerie annunciata dal Rassemblement National contro i giudici che hanno condannato la loro leader, possiamo esprimere preoccupazione e sconcerto per la deriva di un Paese che per decenni abbiamo reputato un esempio e un modello, possiamo perdino indignarci e parlare di svolta reazionaria, anche alla luce della levata di scudi del trumpismo globale contro la sentenza emessa in primo grado dalla magistratura francese. Ciò che non possiamo fare è stupirci, perché anche la Francia presto si arrenderà al fascismo dilagante, com’è accaduto ovunque la sinistra tradizionale, abbracciando il liberismo acritico nella sua versione terzaviista, abbia abdicato al proprio ruolo, trasformandosi in una brutta copia della destra.


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