La storia è simile a troppe altre. Il 17 Giugno del 2024 Satnam Singh, bracciante presso l’azienda agricola Agrilovato, in provincia di Latina, rimase imprigionato da una macchina avvolgitelo che gli strappò un braccio e gli ruppe entrambe le gambe. Non fu soccorso, ma trasportato come un utensile rotto fino a casa sua, dove fu abbandonato agonizzante. Il braccio mozzato? Dentro una cassetta per la frutta, per la strada. Due giorni dopo Singh morì all’ospedale San Camillo di Roma: aveva perso troppo sangue, era condannato.
Ieri, a Latina, si è aperto il processo contro Antonello Lovato, il proprietario dell’azienda agricola: fu proprio lui caricare su un furgone il bracciante, fu lui ad abbandonarlo per poi fuggire. L’accusa: omicidio volontario. Il prossimo 27 maggio inizierà il dibattimento vero e proprio e verranno ascoltati i testimoni.
All’esterno del tribunale un presidio di civiltà, al quale ha preso parte anche Articolo21. Presente Maurizio Landini, il Segretario Generale della CGIL:
«È un danno, non solo per Satnam» ha detto «ma per tutte le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare. Non pensiamo che questo sia un caso isolato, è un errore pensare che si risolva il problema con questo processo che, però, è in grado di produrre un cambiamento reale». Due parole: coraggio e cambiamento. Ci vuole davvero tanto coraggio per girarsi dall’altra parte, per ignorare le condizioni nelle quali versa un numero elevatissimo di lavoratori agricoli: solo in provincia di Latina sono trentamila i braccianti asiatici impiegati con paghe da fame (3-4 euro l’ora), sfruttati dai caporali, umiliati dai proprietari terrieri che si fanno chiamare “padrone” e che spesso li obbligano a chinare il capo davanti a un busto del Duce. Sì, nemmeno questo scempio è loro risparmiato, come ha raccontato Marco Omizzolo (https://www.repubblica.it/cronaca/2024/07/03/news/caporalato_omizzolo_infiltrato_intervista-423355302/) – il sociologo che ha sposato la causa dei braccianti indiani.
Cambiamento: ieri c’erano anche alcuni membri della comunità sikh dell’agro pontino, lavoratori nei campi come Singh, davanti al tribunale. E’ segno di un cambiamento importante. Se le condizioni di lavoro faticano a cambiare, la sindacalizzazione dei lavoratori dimostra che «tanti lavoratori hanno preso coraggio, uno stimolo anche per gli altri». Sono parole di Laura Hardeep Kaur, segretaria della Flai Cgil di Latina, nata in Italia e figlia di indiani.
Quando, subito dopo la morte di Satnam, fu intervistata la sua compagna Soni, lei rivolse, a se stessa e a tutti noi, una domanda accorata: «Satnam è morto. E ora che faccio? Sono indiana, il vostro non è un paese buono». Ecco: per Soni e per Singh – e per tutti gli altri poveri cristi che consumano la vita perché verdure fresche e frutti saporiti arricchiscano la nostra tavola – serve una risposta politica. Non bastano i presidi, le bandiere garriscono a vuoto.