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Emergenza Birmania: violato il cessate il fuoco. Dopo il terremoto, la guerra continua

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L’altro ieri nel pieno delle operazioni di salvataggio la giunta ha sparato contro nove veicoli di aiuti umanitari. La giunta fa finta di non aver saputo di tali convogli. Ma ciò la dice lunga sulla gravità della situazione e sugli straordinari rischi che oggi corre chi cerca di aiutare nelle operazioni di emergenza. Ieri sera ha dichiarato 20 giorni di cessate il fuoco e stamattina ha effettuato nove bombardamenti in 4 villaggi. Il mondo deve sapere quale mostro detiene il potere in un Birmania, il cui popolo ha coraggio eroico. Un mostro che passata l’emergenza deve essere definitivamente fermato.

Certo ci voleva un drammatico terremoto perché il popolo birmano e la sua strenua lotta per la democrazia, conquistasse le prime pagine dei giornali e delle televisioni del mondo.

Ma le informazioni arrivano dall’interno grazie alle associazioni locali e non grazie alla presenza di giornalisti dei media internazionali o ai giornalisti nazionali tutti in carcere dal colpo di stato militare.

Lo shock per la tragedia gigantesca che ha travolto il Myanmar, sia per la violenza delle scosse, che per il fatto che i sopravvissuti cercavano a mani nude di salvare le vittime dalle macerie delle migliaia di edifici crollati, è stata accompagnata dalle notizie che, la giunta militare continuava e continua a bombardare i villaggi delle aree del terremoto, controllate dall’opposizione.

Chi conosce le vicende drammatiche di questo paese non si è stupito per il fatto che solo ad alcuni paesi amici: Cina e Russia in primis, e poi alcuni paesi ASEAN (non certo campioni di democrazia) è stato consentito di entrare con le squadre di soccorso e con aiuti umanitari.

Taiwan si è offerta di inviare squadre di soccorso e aiuti, ma la giunta ha rifiutato. Ovviamente per far piacere all’amico Xi che la finanzia e la protegge.

La giunta blocca le strade impedendo a chiunque cerchi di aiutare di arrivare. Di notte, il coprifuoco imposto dalla giunta blocca i tentativi di soccorso.

In questo modo stanno cercando di nascondere i danni, e di nascondere che per prima cosa hanno fatto intervenire le squadre di soccorso cinesi, non per aiutare la popolazione, ma per cercare di riparare nella capitale del potere: Naypidaw, le strutture militari danneggiate. Secondo alcuni militari che hanno disertato, la giunta ha imposto anche il blackout sulle gravità del numero delle vittime tra il personale militare di Naypyitaw e sui gravi danni ai battaglioni locali. Da quanto comunque emerge, il quartier generale del ministero della Guerra, tre battaglioni e una caserma per gli interrogatori sono stati devastati. La distruzione si estende agli uffici dei Ministeri degli Affari Interni, dell’Informazione, del Lavoro, degli Affari Esteri, della Difesa e dell’Agricoltura, del Bestiame e dell’Irrigazione. Sebbene l’entità dei danni sia diversa da un edificio e l’altro, tutti gli edifici interessati hanno subito danni strutturali significativi.

La capitale, costruita dal nulla nel 2005 sotto la precedente dittatura, per paura di una invasione dal mare da parte degli americani, già durante alcune mie visite ai ministeri, nel 2014, evidenziava la obsolescenza di questi edifici dopo solo nove anni dalla loro costruzione, ovviamente senza alcun criterio antisismico.

Lo stesso dicasi per tutte le città colpite a partire da Mandalay, costruita a metà 800 e ampliata dagli anni 90 in poi, con un pesante contributo cinese, a seguito dell’apertura al turismo e agli investimenti esteri.

Il fatto che la faglia di Sagaing sia la faglia più lunga e attiva del mondo non ha preoccupato i rapaci palazzinari cinesi, vietnamiti e locali e tanto meno la precedente giunta militare, che ha autorizzato tali costruzioni. Il risultato è sotto gli occhi di tutto il mondo.

La rampante corruzione della giunta precedente e di quella attuale ha creato le condizioni per un disastro annunciato. Anche per questo la giunta ha impedito ai giornalisti di entrare nel paese per raccontare in modo indipendente e accurato cosa sta succedendo, bloccando così ogni possibilità di far conoscere la situazione reale.

Quasi nessuno fuori dal Myanmar sa, che oltre 20 ospedali dell’area del terremoto erano già chiusi per assenza di medici e personale sanitario, che dopo il colpo di stato militare si è rifiutato di lavorare per la giunta, mentre altri erano stati licenziati, o arrestati, e sono entrati nelle file del Civil Disobedience Movement. In tutto il paese oltre 50.000 medici, infermieri e ostetriche sono clandestini. E più di 830 circa sono in carcere.

Mentre la popolazione certa di salvare il salvabile, la coscrizione forzata di ragazzi e ragazze nell’esercito continua.

I giovani vengono rapiti, sequestrati e costretti a morire al servizio dell’esercito per la loro avidità e il loro potere. I sopravvissuti e le squadre di volontari locali lavorano con immani difficoltà e senza poter utilizzare internet, visto che la giunta blocca la rete e causa problemi con la VPN.

Come sottolinea il Governo di Unità Nazionale, “dal 2021 il Consiglio di amministrazione Statale (SAC) ha sistematicamente trasformato l’assistenza umanitaria in un’arma politica. Piuttosto che consentire i soccorsi, il SAC ha manipolato gli aiuti per consolidare il controllo, premiare la lealtà e punire la resistenza”. Ostacolando l’accesso, controllando la distribuzione e marchiando gli aiuti internazionali come benevolenza militare, la Giunta ha minato i principi di imparzialità e neutralità che definiscono il lavoro umanitario (Human Rights Watch,2025).

L’esperienza pregressa mostra che ogni risorsa che la giunta riesce ad ottenere va solo nelle aree da lei controllate. Il Governo di Unità nazionale ha dichiarato un cessate il fuoco di due settimane, le squadre di soccorso dei gruppi di opposizione e delle organizzazioni etniche, che sono spesso i primi a rispondere alle crisi, sono stati anche in passato arrestati e imprigionati per aver aiutato il loro stesso popolo. Oggi la realtà che ci viene raccontata dal nostro team nell’area del terremoto è inimmaginabile.

Un caldo infernale si aggiunge al tanfo di morte che ha invaso tutta l’area. Le famiglie non riescono nemmeno a recuperare i loro cari. Alla giunta non importa e continua a bloccare le strade a chiunque cerchi di aiutare. Alla fine della fiera sarà importante che gli aiuti umanitari non passino per le mani della giunta, della Croce Rossa locale, il cui capo è nominato dalla giunta e da organizzazioni che hanno accordi con i militari. E’ possibile? Si noi lo stiamo facendo con team di attivisti birmani della rete sindacale operativa dalla clandestinità sin dal 1 febbraio 2021 e del Civil Disobedience Movement. I rischi sono molti ma siamo sicuri che tutti i fondi sono arrivati e arriveranno a destinazione.

*Cecilia Brighi, l’autrice di questo articolo, è Segretaria Generale di Italia-Birmania.insieme

Per donazioni e informazioni:  Italia-Birmania.insieme
Conto corrente n. 1000/00076665 IT69N0306909606100000076665 – Chi vuole la ricevuta della donazione per le detrazioni fiscali deve scrivere a direzione@italiabirmania.org


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