«Mi chiamo Socorro Gil Guzman e sto cercando mio figlio, Jonathan Guadalupe Romero Gil. È stato arrestato e fatto sparire dalla polizia municipale di Acapulco, il 5 dicembre 2018. Andava a giocare a calcio con un suo amico, Carlos. Il suo amico è stato trovato il giorno dopo, torturato e senza vita. Da quel giorno non ho mai smesso di cercarlo».
Non sono ancora le 11.00 del mattino, del 13 si aprile, quando mi incontro con Socorro. Ci vediamo sotto la grande bandiera del Messico che si trova nella piazza principale della Capitale, a pochi metri dal Palazzo del Governo. Socorro continua a raccontare la sua storia di madre di uno dei tanti desaparecidos messicani.
«Abbiamo battuto molte zone di Acapulco, il porto, stazioni di polizia, sono andata ovunque per cercare mio figlio, e non lo abbiamo trovato. Abbiamo sporto subito denuncia e abbiamo chiesto che si indagasse. Il 29 gennaio 2019 hanno portato i poliziotti a testimoniare. Il Procuratore ha annullato l’indagine, mentre eravamo lì, dicendo che aveva un testimone chiave che avrebbe accusato i poliziotti e che avrebbe inviato loro un ordine di comparizione. Ma la polizia mi ha minacciato di far sparire anche le mie altre due figlie. Per questo sono venuta a vivere a Città del Messico per tre anni. Quando sono tornata ad Acapulco il fascicolo sulla sparizione di mio figlio era introvabile».
Socorro accusa: «c’è un video in cui si vedono gli agenti di polizia buttare il corpo di Carlos senza vita ma queste prove, come altre, sono state cancellate». Lei era assieme alle altre Madres Buscadoras agli incontri con il Governo per la scrittura di una legge sulla sparizione forzata. C’era anche quando, giovedì 10 aprile, i collettivi dei familiari in cerca dei propri figli desaparecidos hanno chiuso l’ingresso del Senato come forma di protesta. Il Governo del Messico, la Presidentessa ed il Senato hanno attaccato l’ONU dopo che la Commissione per la sparizione forzata ha deciso di attivare l’articolo 34 e un’investigazione sul Messico che potrebbe portare il Paese davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Claudia Sheinbaum ha detto «in Messico non ci sono sparizioni forzate legate allo stato».
La storia di Jonathan, il figlio di Socorro, insieme a tante altre, troppe, smentiscono la posizione della Presidentessa. «Jonathan era un avvocato e aveva accettato di occuparsi del caso di un amico che veniva minacciato dal proprietario di un bar per vendere droga» ricorda Socorro «tre giorni dopo aver accettato di aiutare questo ragazzo, è scomparso con l’amico Carlos dopo essere stato fermato da alcuni poliziotti. Erano stati dei vicini ad avvisarmi. Sono corsa li ma non ho fatto in tempo».
La storia di Jonathan; quella dei 43 studenti della Scuola Normale Isidro Burgos di Ayozinapa la cui sparizione è stata considerata “crimine di Stato” dalla Commissione parlamentare per la Verità e la Giustizia; la condanna del Messico da parte della Commissione Interamericana per i Diritti Umani per la scomparsa di Antonio Gonzalez Mendez sono tre storie che raccontano la pratica sistematica che dagli anni ’60 vive il Paese. La pratica delle sparizioni forzate è “atto di disciplinamento” come si legge nell’ultimo libro di Federico Mastrogiovanni “Ayotinapa e le nostre ombre” e Socorro, con altre parole, lo conferma. Continua a fare avanti spola tra Acapulco e Città del Messico. Il 10 maggio, assieme a tanti altri collettivi che cercano i proprio cari, convergerà sulla capitale per una grande manifestazione contro le sparizioni forzate. Ad Acapulco, ogni mese da tre anni, espongono le foto delle oltre quattromila persone di cui non si sa più nulla nel solo stato di Guerrero. La storia del Messico parla di 127mila desaparecidos, la maggioranza tra i 25 e i 35 anni. Almeno 100mila dal 2006 in poi, quando il governo di Felipe Calderon iniziò ciò che è passato alla storia come “guerra alla droga” ma che è sempre più evidente essere altro: uno scontro per il controllo del territorio e per l’imposizione di un nuovo “ordine economico” dove economie legali, illegali e Stato sono contemporaneamente contendenti e partner per l’estrazione di ricchezza dalla popolazione e dalla terra. «Il Messico è un paese pieno di fosse comuni – aggiunge Socorro – dove la polizia fa sparire le persone anche se si continua a dare la colpa al crimine organizzato. Non ha nessuna intenzione di fermarsi. Io cerco mio figlio ogni giorno. Forse non lo troverò mai ma è un modo per ricordarlo, non far cadere l’abbandono su di lui». La sua voce si rompe mentre mi dice così: è carica di tristezza, ma non di rassegnazione. Nei suoi occhi c’è il furore di chi vuole giustizia. Con la sua ed altre famiglie ha creato la collettiva Memoria, Verdad y Justicia Acapulco. Lei come altre madri porta sempre una maglietta bianca con la faccia ed il nome del figlio. Un mese fa, il 12 marzo, ha interrotto la sessione plenaria del Congresso di Guerrero per chiedere l’approvazione della legge sulle sparizioni forzate. «Spero di poter dire un giorno a mio figlio finalmente ti ho trovato» dice.