80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

TramPutin, la Pace fredda e la necessità di un Pensatoio

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Stretti tra due regimi autoritari, in Europa assistiamo a questo mostro bifronte che avanza verso di noi, che forse è già dentro di noi: TrumPutin, ovvero il signore del populismo, instauratore della Pace Fredda. Non è un refuso, a me sembra proprio iniziata un’era: lo scontro mondiale per il controllo del mondo (e la spartizione dell’Europa) tra Stati Uniti e Unione Sovietica – quello che chiamiamo Guerra Fredda – è diventato un incontro per il controllo del mondo (e la spartizione dell’Europa) tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Federazione Russa di Vladimir Putin – la Pace Fredda. L’arroganza a stelle e strisce da una parte, quella siberica dall’altra, il capitalismo criminale dappertutto.

È una partita complessa, che non mi sogno nemmeno di definire in una sola riflessione, figuriamoci se è possibile farlo con qualche post, un paio di slogan, qualche battutaccia o dentro gli schemi beceri del posizionamento. Ci vorrebbe un esercito di Kasparov per giocarla. O quantomeno un Pensatoio, uno spazio garantito in cui discutere apertamente e onestamente, liberi dallo scacco dei posizionamenti di opportunità o di cieca ideologia. Senza insulti, senza attacchi denigratori o tentativi di delegittimare l’altro. Quello che manca, in questa Europa minacciata dalla Pace fredda, è quindi un #Pensatoio. Uno spazio in cui «uscire dal già pensato per sforzarsi nella critica, cioè nel pensabile», per scriverlo con Camillo Berneri. Anzi, lascio che sia lui a scriverlo e riporto un passaggio formulato dal brillante anarchico in “Compiti nuovi” edito nel 1955 e – evidentemente – rimasto del tutto inascoltato:

Noi siamo sprovvisti di coscienza politica nel senso che non abbiamo consapevolezza dei problemi attuali e continuiamo a diluire soluzioni acquisite dalla nostra letteratura di propaganda. Siamo avveniristi, e basta. Il fatto che ci sono editori nostri che continuano a ristampare gli scritti dei maestri senza mai aggiornarli con note critiche, dimostra che la nostra cultura e la nostra propaganda sono in mano a gente che mira a tenere in piedi la propria azienda, invece che a spingere il movimento ad uscire dal già pensato per sforzarsi nella critica, cioè nel pensabile. Il fatto che vi sono dei polemisti che cercano di imbottigliare l’avversario invece di cercare la verità, dimostra che fra noi ci sono dei massoni, in senso intellettuale. Aggiungiamo i grafomani pei quali l’articolo è uno sfogo o una vanità ed avremo un complesso di elementi che intralciano il lavorio di rinnovamento iniziato da un pugno di indipendenti che danno a sperar bene. (…) È l’ora di finirla coi farmacisti dalle formulette complicate, che non vedono più in là dei loro barattoli pieni di fumo; è l’ora di finirla coi chiacchieroni che ubriacano il pubblico di belle frasi risonanti; è l’ora di finirla con i semplicisti, che hanno tre o quattro idee inchiodate nella testa e fanno da vestali al fuoco fatuo dell’Ideale distribuendo scomuniche.

Di polemisti, grafomani e farmacisti siamo ancora pieni fino all’orlo. Le piazze del 15 marzo sono state una chiara manifestazione delle patologie del nostro tempo. I miei spazi social – come quelli di tutti, immagino – da giorni sono invasi da meme sfottenti e odio mascherato da consapevolezza politica. La stessa violenza spacciata per opinione che – ormai tre anni fa – si è abbattuta su di me e su quanti si sono permessi allora di criticare la retorica guerrafondaia pro-Ucraina, la vedo adesso sbocciare nelle bocche e nelle dita degli insultati che si sono fatti insultatori. Ma definire se stessi escludendo l’altro, attaccandolo, denigrandolo, non è esattamente quello che dovremmo combattere?

Forse qualcuno crede – a sinistra – di poter rispondere al populismo che avanza con un altro populismo di altro colore. La risposta populista al populismo è un film già visto, e non è finito affatto bene. Abbiate pazienza se chiamo in causa un altro Maestro, Gaetano Salvemini. Nel discorso “La difesa della cultura”, pronunciato nel 1935 a Parigi durante il congresso internazionale degli scrittori: “Siamo tutti d’accordo che la libertà significa il diritto di essere eretici, non conformisti di fronte alla cultura ufficiale e che la cultura, in quanto creatività, sconvolge la tradizione ufficiale”. Parole preziose per il loro contenuto ma soprattutto per il contesto in cui vennero pronunciate: là dove il Salvemini perseguitato venne chiamato a sottolineare i valori dell’antifascismo, uno dei più grandi antifascisti della Storia ebbe – già nel 1935 – la lucidità di stigmatizzare non solo il fascismo ma ogni regime totalitario, inclusa l’Unione sovietica. Non si lasciò tentare dalla comodità di assecondare quanto si aspettavano da lui, e fece un salto capace di sorvolare ogni posizionamento e opportunismo, di sostenere un pensiero libero davvero.

Perciò, se oggi il nemico pubblico numero uno è chiunque osi uscire dal già pensato e sforzarsi nella critica, fuori dal conformismo e dai posizionamenti, forse occorre trincerarsi in un Pensatoio. Dopotutto, conoscere, pensare, criticare sono le nostre uniche armi.

TramPutin, la Pace fredda e la necessità di un Pensatoio.


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