Come molti di voi sapranno, lo scorso 15 marzo c’è stata la giornata nazionale del fiocchetto lilla, dedicata alla consapevolezza sui disturbi alimentari. Si tratta di una tematica a me molto cara, avendola sperimentata in prima persona, e purtroppo estremamente diffusa. Ogni anno, sono oltre cinquantacinque milioni le persone coinvolte, eppure intorno non sento che silenzio, un silenzio mortale.
Attenzione, non sto dicendo che non se ne parli affatto, se ne parla, ma si parla di cibo, corpo, bellezza. Si parla di sintomi. Si parla del niente.
Ovunque mi giri la narrazione è questa: si cade nei disturbi alimentari perché non si accetta il proprio corpo, perché ci si sente brutti, perché si vuole essere magri. Chi glielo dice che di queste cose, in realtà, non ce ne è mai fregato niente?
Si tende a generalizzare sul tema, come se il dolore potesse avere per tutti una stessa radice, come se il problema fosse sempre stato solo quello: essere belli. Eppure, la bellezza non è mai c’entrata nulla, solo che non ce l’ha chiesto nessuno.
I disturbi alimentari non nascono quasi mai dalla voglia di essere magri (che infatti, e a quanto pare va ricordato, non è sinonimo di essere belli) ma da un dolore ben più grande, di quelli che divorano in silenzio e che è diverso per chiunque ne soffra.
Possono nascere dalla ricerca spasmodica della perfezione, una perfezione che non vuole essere fisica ma totale, perché ci hanno sempre detto di essere sbagliati, di non essere abbastanza; possono nascere dal bisogno di controllo, perché quello che c’è fuori è troppo grande, troppo disordinato, e allora l’ordine cerchiamo di metterlo dentro, di metterlo a tavola; possono nascere dal bisogno di essere visti, perché non l’ha mai fatto nessuno finché non abbiamo iniziato a scomparire, perché ci hanno guardati solo quando il piatto avanti a noi è rimasto pieno e le ossa hanno lacerato i tessuti; possono nascere dalla paura di parlare, perché non veniamo ascoltati ma noi dobbiamo sentirci per forza; o ancora dalla vergogna di esistere, perché ci hanno insegnato che non lo meritiamo.
E allora perché di questo non se ne parla? Perché si parla sempre di cibo, corpo e bellezza?
I disturbi alimentari non sono altro che una forma di comunicazione, l’unica che abbiamo in quel momento per dire che qualcosa non va, che c’è una sofferenza che non sa come uscire alla luce e che ha trovato solo nel corpo il modo di esprimersi. I disturbi alimentari sono malattie ma ci si preoccupa sempre dei sintomi e se continuiamo a ignorare l’infezione, se continuiamo a non voler ascoltare il messaggio, non si guarirà mai.
Io sono stanca di leggere questa storia: non voglio essere magra, non voglio essere bella; voglio essere vista, ascoltata, voglio sentirmi abbastanza, voglio che il dolore finisca.
Se tra voi c’è qualcuno che ha sofferto/soffre di disturbi alimentari e ha voglia di condividere la sua esperienza potete sempre scrivermi alla mail: la.posta.inquieta.direbecca@gmail.com
Se vogliamo che se ne parli, che se ne parli sul serio, cominciamo da noi.