“Il pacchetto di nomine sul quale ha votato il CdA Rai porta il segno vistosissimo di un accordo politico, interno ed esterno all’azienda, che mette in secondo piano le motivazioni editoriali anche quando la scelta cade su professionisti di riconosciuta competenza”. E’ quanto afferma in una nota all’agenzia Askanews. Roberto Natale consigliere di amministrazione Rai.
“Tra le decisioni assunte oggi, solo l’intervento sulle criticità dell’organizzazione per generi, arrivato dopo settimane di approfondimenti in CdA, può vantare ragioni aziendali forti. Per il resto c’è una logica politica che si mostra difficilissima da scalfire: come mostra l’indicazione di Paolo Petrecca alla direzione di Rai Sport. – aggiunge Natale – Non si è avuta la forza di far vedere che chi inanella gravi errori professionali possa anche restare fermo un giro. Altrettanto evidente è stata, nelle direzioni di genere, la dimostrazione che il criterio aziendale ed editoriale non è il metro più importante di valutazione. A poche settimane dall’indubbio successo di Sanremo, viene rimosso dal Prime Time Marcello Ciannamea, e l’unica motivazione che si sente addurre è che ‘non può più essere considerato in quota Lega’. Lo si toglie di lì per dare le chiavi del Prime Time – della “cassaforte” Rai, si usa dire – ad una persona che alla Lega è graditissima. Il segnale che arriva ai dirigenti Rai è: trovatevi un protettore, perché la protervia politica paga. La stessa protervia che ha portato alla sostituzione di Silvia Calandrelli a Rai Cultura, condotta in porto nonostante le ripetute attestazioni di stima dell’Amministratore Delegato. Non stupisce che, in un quadro governato da tali logiche, sia ancora una volta gravemente vicina all’inesistenza la percentuale delle donne chiamate al ruolo di direttrici. E’ per questa somma di ragioni che, insieme ai consiglieri di Majo e Di Pietro, ho scelto di votare contro tutte le nomine oggi proposte al voto, anche quando si è trattato di professionisti e professioniste di assoluto valore. Mentre il Media Freedom Act ci chiede di fare scelte all’insegna dell’autonomia editoriale, la maggioranza al contrario rende omaggio una volta di più alle “compatibilità politiche”.