80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

L’altra Argentina ha detto Nunca mas con il sorriso

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Mai visto prima seppur sempre auspicato, il sortilegio d’una Argentina risoluta e sorridente ha riunito il litigioso popolo delle opposizioni al presidente Milei e l’ha portato per un giorno a conquistare pacificamente le strade di Buenos Aires e del paese. A 49 anni dal colpo di stato militare e alla dittatura più feroci della sua storia, una folla davvero incommensurabile, orgogliosa e commossa della sua stessa, tranquilla inesorabilità, è dilagata dal mattino alla sera nella città monumentale tra il Congresso e la Casa Rosada, le avenidas ottocentesche e la Cattedrale di papa Francisco, celebrandovi la propria ferma volontà di difendere i diritti di una moderna democrazia. Dove due settimane fa sbarramenti da stato d’assedio e migliaia di gendarmi di assetto anti-sommossa hanno portato al ferimento di decine di manifestanti e al ferimento di un fotoreporter ancora ricoverato in rianimazione, ieri non s’è visto -letteralmente- un solo agente di polizia. E non c’è stato il minimo incidente.

Anche i discorsi sono stati ridotti al minimo. Sul palco soltanto le madri e le nonne della plaza de Mayo sopravvissute al dolore e agli anni senza mai arrendersi alla ricerca dei desaparecidos, figli e nipoti allora neonati sequestrati e assassinati o dati in affidamento a famiglie compiacenti. E alla volontà di avere giustizia. Sono ancora centinaia i processi a militari arenati in tribunali distratti. Cancellata la rituale ufficialità. Il protagonismo è stato di ciascuna delle molte centinaia di migliaia di persone presenti (quante, nessuno l’ha detto: non c’è stata -per una volta- guerra dei numeri); e tutte le fonti d’informazioni condividono un compiaciuto stupore per tanta clamorosa quanto delicata atmosfera. La spontanea fusione del frastuono di trombe, canti, danze (bellissime), tamburi, parole d’ordine forti e pesanti insulti a Milei, con centinaia, migliaia di abbracci senza parole. Un intreccio di periferie estreme e classe media (gli storici caffè della zona tutti aperti e tutti pieni zeppi di clienti), sull’avda. de Mayo bandiere e gente plaudente dai balconi dell’unione delle piccole e medie imprese. Spettacolare la partecipazione attivissima delle donne e dei giovani, non pochi dei quali ultimi un anno e mezzo fa hanno votato per Milei.

Quest’inatteso 24 marzo dedicato alla più profonda e dolente memoria nazionale lascia certamente un segno non facile da dimenticare. Possibilmente, qualche perplessità potrebbe averla suscitata anche nello stesso capo dello stato. Del resto l’abbandono della piazza all’autogoverno della gigantesca protesta è stata quasi certamente concordata. La bellicosa ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, è stata fatta uscire quanto meno provvisoriamente di scena. Prova inoppugnabile che un qualche ripensamento in seno al governo è pur avvenuto. Tuttavia l’estremismo del suo modello anarco-capitalista (compiuto o no che sia) sommato alla pericolosa fragilità della congiuntura economico-finanziaria, rendono quasi impossibile il cambiamento di rotta richiesto anche dalla manifestazione di ieri. Prosegue, pertanto, e viene annunciato come raggiunto l’accordo per un nuovo prestito con il Fondo monetario Internazionale. Ma non se ne rendono noti i termini, che pure sono essenziali. La battaglia politica da arroventata potrebbe diventare incandescente.

I dati ufficiali riferiti al mese in corso ammettono, infatti, una ripresa dell’inflazione (2,4% nella terza settimana) e immediatamente il peso ha subìto uno scivolone. E se -come si dice a Wall street- all’Argentina venisse riconosciuto eccezionalmente un ulteriore credito di 20mila milioni di dollari (sono cifre mai concesse ad altri debitori); con i quali innanzitutto pagare, però, le quote del debito in scadenza, resterebbero disponibili alla banca centrale solo 5mila milioni per sostenere la riapertura del mercato dei cambi finora bloccato. Insufficienti, secondo le contabilità più accreditate, a fronteggiare le richieste dei gruppi decisi a sfuggire a una inevitabile, ulteriore svalutazione della moneta nazionale. Come il FMI chiede insistentemente da tempo. Diverrebbero indispensabili, dicono associazioni imprenditoriali e sindacati, nuove iniziative da dibattere al Congresso. E qui si riaccenderebbe la battaglia.


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