80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

La rivoluzione di Ventotene che Giorgia non ha letto

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Nella vita è molto importante avere una bussola, soprattutto se ci troviamo nella tempesta. La mia è “Il Fatto Quotidiano”: leggo il loro titolo e vado in direzione opposta. E’ successo anche questa mattina quando ho letto che con il “caso Ventotene” la sinistra è caduta nella trappola di Giorgia Meloni. Mi ero svegliato con un dubbio: perché sento che questo attacco è un’opportunità? Può essere così? Il titolo del Fatto mi ha aiutato molto a prendere la mia strada. Questo discorso di Giorgia è un’opportunità. E’ un’opportunità importante per recuperare il senso delle parole, e dire quali siano le proprie. Infatti il metodo scelto dalla Meloni è almeno discutibile lì dove parla dell’opera prescindendo dagli autori, ma è inammissibile lì dove distorce il senso del testo. Sul primo punto credo che avrebbe dovuto ricordare che  gli autori erano a Ventotene non per turismo, ma al confino, lì “deportati” dalla dittatura fascista. E lì negli anni della guerra in cui il nazifascismo ci aveva trascinato loro cercavano una via d’uscita dalla dittatura e dal nazionalismo malato in cui quei regimi ci avevano sprofondato. Ecco perché parlavano di un partito rivoluzionario. Ipotizzavano dunque, come lei ha ricordato, un cammino rivoluzionario contro la tirannia, che non poteva affermarsi per via democratica. Questo lo dovrebbe capire chiunque sappia cos’è il totalitarismo, non si va alle urne per rovesciarlo. Così parlano di un percorso rivoluzionario. Non ne vedono i pericoli? Certo che sì e non aver citato questo è molto grave, è una deformazione del testo. Infatti subito dopo le parole citate da Giorgia loro specificavano: “Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sbocciare in un nuovo dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere!” Uno stravolgimento evidente. E questo partito rivoluzionario non ha intenti totalitari, è chiarissimo a chiunque visto che il testo si conclude con un appello. A chi? A “coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo”. Più pluralista di così….

Il metodo di Giorgia è sbagliato e scorretto anche su un altro punto. Infatti nella sua “allocuzione” lei ha detto che il Manifesto di Ventotene parla di rivoluzione socialista, che è vero, ma si è fermata lì, non ha voluto leggere le parole che seguono. E quali sono queste parole? Eccole qui: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”. Io non credo che serva molto altro per dire a chi non era in piazza del Popolo, con il Manifesto di  Ventotene, da posizioni che definisce “progressiste”,  da chi sia fatta oggi la sinistra, cioè quelli che ormai dovrebbero definirsi socialisti, e che se loro, che si dicono progressisti, volessero allearsi con essa devono tener conto di questa “ideologia non ideologica” e dell’ orizzonte europeo. Dunque Giorgia Meloni ci ha dato la possibilità di tornare a dirci “socialisti”, senza alcuna egemonia, a partire da quella di chi questa parola condannata dalla strana storia della sinistra italiana ancora pretende di poter usare, e di chiarire agli interlocutori chi siamo, a cosa ci richiamiamo e se si ritengano compatibili o meno con essa.

E’ il socialismo, nella sua evoluzione dinamica nel corso della storia, con i suoi errori e le sue mancanze storiche e politiche, con le sue diversità, che può dire agli europei perché questa sinistra, socialista, è anche europeista: perché solo la prospettiva europea li libera dal nazionalismo che ha contrapposto francesi e tedeschi, italiani e austriaci e così via, e quindi può tutelare le nostre differenze ma anche renderci vicini, per creare un progresso continentale, credente e non credente, attento al Vangelo ma non confessionale, per dare alla classi lavoratrici “condizioni di vita più umane”. E’ impossibile liberarsi dal fantasma del socialismo, parola proibita ormai da decenni nella sinistra, per ritrovarsi. Perché il socialismo è plurale, non è dogmatico, non è ideologico, non è definibile meglio di così: “ l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”. Le classi lavoratrici, non la “classe”, sono gli occupati, gli inoccupati, i disoccupati, gli esclusi, gli emarginati, quelli ai quali oggi viene negata una cultura di riferimento nella dittatura della cultura borghese perché l’unica rimasta. Occorre dunque ricreare una cultura di riferimento che nei differenziali sociali ridia una casa culturale anche a chi borghese non può diventare, perché non ne ha le condizioni. Il treno della storia ci offre oggi questa grande occasione: tornare ad avere un orizzonte politico nel nome del quale perseguire un orizzonte socio-culturale. E’ questo il nesso tra rivoluzione socialista e rivoluzione europea. Se si continua a nascondere la parola “socialismo” si continua a negare la propria identità, che non è un’identità chiusa, settaria, è un’identità dialettica, aperta anche al confronto interno, al chiarimento, al cambiamento. Ma è.

Giorgia Meloni, involontariamente forse, ci ha offerto l’occasione di riscoprirla, rivendicarla, di recuperarla, partendo da ciò che con termini da riadattare all’evoluzione storica e del pensiero hanno mosso chi, portato al confino di Ventotene dai fascisti, vedeva un orizzonte socialista ed europeo ne termini possibili in quel luogo, in quelle condizioni storiche. Questo ci consentirà di riprendere il filo di un discorso europeista nel quale i socialisti non possono non credere sebbene siano consapevoli che l’Europa non c’è perché non crede in se stessa, come non ci crede Giorgia Meloni.


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