25 aprile ottant’anni dopo, di Vincenzo Vita. Quest’anno la data del 25 aprile non può essere una mera scadenza del calendario storico. E non basta programmare le pur indispensabili celebrazioni. Certamente Articolo21 con i suoi presidi partecipa e non si sottrae mai alle scadenze che hanno il sapore della Resistenza. Questa volta, però, serve uno scarto. Il 25 aprile cade in una stagione in cui sta cambiando radicalmente il mappamondo. E, dopo tanti anni, la parola “guerra” sembra trovare spazio nella cultura di massa e nei suoi linguaggi. Persino il ricorso all’arma atomica, fin qui rimosso e considerato blasfemo, non appare un peccato mortale, bensì una increspatura fisiologica. Del resto, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ricorre spesso all’orribile ritornello secondo il quale la pace si prepara armandosi. E già, come fu autorevolmente affermato da John Ford, se in scena entra un fucile prima o poi sparerà. Ma la geopolitica oggi è dettata dai nuovi dittatori, tra cui spiccano Trump e Musk con la buona compagnia di Putin (e di tanti altri, da Orban a Milei). Non solo. Neppure le morti sono tutte uguali, visto l’inquietante silenzio che circonda il genocidio di Gaza, che conta anche il più alto numero di cronisti uccisi dopo il secondo conflitto mondiale. Servono un vero cessate il fuoco e il ritorno dei negoziati secondo una cultura civile che ebbe nell’Europa nelle (poche) stagioni positive un riferimento. Ecco perché il 25 aprile quest’anno assume un rilievo particolare e inedito. Proponiamo all’ANPI, cui ci lega un intenso storico rapporto, di manifestare con tre testi in mano: la Costituzione repubblicana, il Manifesto di Ventotene e la lettera di Papa Francesco per il disarmo della Terra. Pace, disarmo e rilancio di relazioni internazionali corrette sono punti fondamentali capaci di gettare ponti e abbattere muri.
