80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Erdoğan non è meglio di Putin

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Abbiamo trascorso tre anni a mettere, giustamente, in risalto le malefatte di Putin in Ucraina, peraltro dopo aver taciuto (non noi di Articolo 21 ma troppi altri sì) per vent’anni sui crimini compiuti dal suddetto fin dal primo giorno in cui s’è insediato al Cremlino. Sacrosanto! Sarebbe, tuttavia, ora di volgere lo sguardo anche verso altri personaggi non propriamente democratici che compongono la scena internazionale, a cominciare da Erdoğan, già autore di una repressione selvaggia contro gli oppositori e il popolo curdo, in particolare dopo il tentato golpe del luglio 2016, e ora artefice di una nuova stretta repressiva in Turchia che, guarda caso, ha condotto all’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu con accuse che sanno tanto di persecuzione politica. Sarà il caso di occuparsene, specie se si considera che a un personaggio del genere potremmo dover lasciare la guida del contingente umanitario chiamato a far rispettare un’eventuale tregua sul suolo ucraino se e quando smetteranno di crepitare i mortai. E sarà il caso che qualcuno cominci a riflettere sull’errore madornale che ha commesso l’Europa nel momento in cui ha deciso di adottare una linea bellicista e insensata, fino a inibirsi la prospettiva diplomatica, consegnandola, per l’appunto, nelle mani di un soggetto come l’autocrate sul Bosforo, cui del resto già nove anni fa avevamo deciso, come Unione Europea, di regalare sei miliardi l’anno per gestire l’emergenza migratoria, anziché varare dei corridoi umanitari e, con essi, un serio piano di inclusione e di accoglienza di persone in fuga dalla miseria e dalla guerra.

Forse dovremmo prendere in considerazione quanto siamo stati miopi, finora, nell’illuderci che bastasse contrastare un tiranno per ristabilire gli equilibri internazionali, come se non stessimo assistendo alla fioritura dell’antidemocrazia a ogni latitudine, compreso il nostro Occidente, che si pretende buono e giusto ma poi tollera al proprio interno ogni sorta di ingiustizia, oltre a essere sottoposto, da tempo, ai tamburi di guerra di una pessima Presidente della Commissione europea e dell’establishment al seguito.

Il punto è che sembriamo aver perso di vista il concetto stesso di democrazia, la sua unicità, la sua bellezza e la sua indispensabilità nel processo di costruzione di un orizzonte di giustizia, di uguaglianza e di convivenza pacifica fra i popoli. Sembra essere rimasto, insomma, solo papa Francesco a tenere alta la bandiera della fratellanza universale: anche per questo abbiamo pregato per lui o  quanto meno, acceso un lumino, nella speranza che la sua voce, per quanto flebile, possa farsi sentire ancora a lungo, in contrasto con l’orgia del potere e del denaro cui stiamo assistendo in questa fase terrificante della storia globale.

Intanto Erdoğan abbatte l’opposizione e rafforza il suo regime, nel silenzio complice di molti e nell’indifferenza di una collettività sfinita dalle cattive notizie, dalle guerre e dalle conseguenze tragiche che esse comportano. Attenzione, però, perché anche Putin ha potuto spadroneggiare per due decenni nell’ignavia di un’Europa distratta o addirittura complice, salvo poi renderci conto, una mattina di febbraio, di quale fosse la sua vera natura. Diciamo questo a proposito di pacifismo e pacifisti, da tre anni ingiuriati da chi spaccia per resa il dialogo con il nemico e si affida a una geopolitica dei sentimenti morali che, oltre a essere ipocrita, specialmente in bocca a determinati individui, è quanto di meno realistico possa esistere. Poi ci sono la malafede e gli interessi inconfessabili, ma qui entriamo in un altro campo e forse, per oggi, è meglio non aggiungere altro.

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