Abbiamo trascorso tre anni a mettere, giustamente, in risalto le malefatte di Putin in Ucraina, peraltro dopo aver taciuto (non noi di Articolo 21 ma troppi altri sì) per vent’anni sui crimini compiuti dal suddetto fin dal primo giorno in cui s’è insediato al Cremlino. Sacrosanto! Sarebbe, tuttavia, ora di volgere lo sguardo anche verso altri personaggi non propriamente democratici che compongono la scena internazionale, a cominciare da Erdoğan, già autore di una repressione selvaggia contro gli oppositori e il popolo curdo, in particolare dopo il tentato golpe del luglio 2016, e ora artefice di una nuova stretta repressiva in Turchia che, guarda caso, ha condotto all’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu con accuse che sanno tanto di persecuzione politica. Sarà il caso di occuparsene, specie se si considera che a un personaggio del genere potremmo dover lasciare la guida del contingente umanitario chiamato a far rispettare un’eventuale tregua sul suolo ucraino se e quando smetteranno di crepitare i mortai. E sarà il caso che qualcuno cominci a riflettere sull’errore madornale che ha commesso l’Europa nel momento in cui ha deciso di adottare una linea bellicista e insensata, fino a inibirsi la prospettiva diplomatica, consegnandola, per l’appunto, nelle mani di un soggetto come l’autocrate sul Bosforo, cui del resto già nove anni fa avevamo deciso, come Unione Europea, di regalare sei miliardi l’anno per gestire l’emergenza migratoria, anziché varare dei corridoi umanitari e, con essi, un serio piano di inclusione e di accoglienza di persone in fuga dalla miseria e dalla guerra.
Il punto è che sembriamo aver perso di vista il concetto stesso di democrazia, la sua unicità, la sua bellezza e la sua indispensabilità nel processo di costruzione di un orizzonte di giustizia, di uguaglianza e di convivenza pacifica fra i popoli. Sembra essere rimasto, insomma, solo papa Francesco a tenere alta la bandiera della fratellanza universale: anche per questo abbiamo pregato per lui o quanto meno, acceso un lumino, nella speranza che la sua voce, per quanto flebile, possa farsi sentire ancora a lungo, in contrasto con l’orgia del potere e del denaro cui stiamo assistendo in questa fase terrificante della storia globale.